
Giorni climaticamente freddi da gustare al caldo e da dischi. In questo numero vi raccontiamo del ritorno dei Django Django, giunti al loro quarto album in carriera, slowthai, e l’ottimo album targato Clap Your Hands Say Yeah. A seguire prestate attenzione ai talentuosi Virginia Wing, al post-rock dei God Is An Astronaut, ai nostrani Studio Murena, agli inglesi Mush e al pop firmato Walk Home Drunk.
a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta, Paolo Latini e Chiara Luzi
13:51:55 – 12/02/2021
DJANGO DJANGO – GLOWING IN THE DARK
(art-pop)
(S.B)

CLAP YOUR HAND SAY YEAH – NEW FRAGILITY
(indie – Rock)
Per sempre lassù (Forever Overhead) è un racconto di David Foster Wallace contenuto nella raccolta ‘Brevi interviste con uomini schifosi’. Wallace narra la storia di un ragazzo che trascorre il suo tredicesimo compleanno in piscina e decide di salire sul trampolino per tuffarsi. Una volta arrivato in cima però l’ansia lo paralizza. Alec Ounsworth, l’unica persona ormai dietro Clap Your Hands Say Yeah, ha passato gli ultimi tempi in preda a sensazioni simili e ha trovato in questo racconto di Wallace grande ispirazione per il suo nuovo lavoro: New Fragility.
L’album, registrato da Ounsworth in Texas, è un lavoro intimo, segnato da importanti strascichi emotivi, causati sia da avvenimenti personali che dai grandi sconvolgimenti socio-politici. Dal punto di vista sonoro New Fragility ha molto in comune con i primi lavori di Clap Your Hand Say Yeah, segna quindi una specie di riuscito ritorno alle origini.Il linguaggio che l’artista usa per raccontare le ansie, che paralizzano in cima al trampolino, è quello a lui più familiare, fatto di suoni lo-fi, ruvidità e pathos. Quest’ultimo trova la principale via di espressione nella voce intensa, quanto mai disperata, di Ounsworth. Ad un primo ascolto New fragility risulta essere un buon disco, capace di esorcizzare le paure e aiutandoci a saltare da quel maledetto trampolino.
(C.L)
SLOWTHAI – TYRON
(Hip hop)
Dopo l’ottimo debutto nel 2019, torna oggi direttamente da Northampton, Uk, Slowthai. Tyron è il naturale seguito di Nothing Great About Britain, anche se in questo caso il rapper di Northampton esplora territori più personali. Sin dal titolo infatti, all’anagrafe Slowthai è Tyron Frampton, è ben chiaro su chi e cosa si focalizzerà questo disco. L’album è diviso in due parti, ognuna composta da sette brani, che differiscono nelle suggestioni e creano un perfetto equilibrio degli opposti. Nella prima parte regna un’atmosfera più dispotica, carica di suoni intensi e potenti, la seconda è permeata da una maggiore malinconia, con sonorità più morbide e dilatate. Non a caso i featuring sono perfettamente studiati per adattarsi a queste due anime, troviamo fra gli altri A$AP Rocky e Skepta nella prima parte e James Blake + Mount Kimbie nella seconda.
(C.L)
MUSH – LINES REDACTED
(alternative)
Vengono da Leeds e sono al loro secondo album, a un anno esatto dal pur apprezzabile sebbene acerbo 3D Routine (entrambi usciti per Memphis Industries), i Mush rappresentano forse una gradita eccezione alle strade battute dal rock britannico negli ultimi anni: lontani tanto dai suoni abrasivi del vivaio Speedy Wunderground quanto dalle pose da rocker a misura di mercato delle band post-Fall, i Mush si orientano decisamente verso un pastiche che sembra voler unire un’attitudine alla Devo con il jangle di ultima generazione in odor di Parquet Courts (“Positivity,” “Seven Trumpets,” “B2BCDA”), con occasionali inflessioni à la Eddie Argos.
Le dodici tracce di Lines Redacted mostrano una maggior maturità rispetto all’esordio, i pezzi sono meno sovraccaricati della voglia di stupire, meno sporcati da assoli e parti chitarristiche sopra le righe (del pur bravissimo e compianto Steven Tyson, morto lo scorso dicembre) e il risultato è una maggior enfasi su forma canzone e su testi, sempre taglienti e ironici, che spaziano dai bot russi (“Bots”) a metodi alternativi di curare il Covid-19 suggeriti da ex Presidenti che si spera non tornino mai (“Drink the Bleach”).
(P.L)
WALK HOME DRUNK – TIME FLIES
(pop)
Walk Home Drunk è il progetto solista di Daniel Selig, già nel duo Slo-core di Tolosa Docks, insieme a Manon Raupp, attuale direttrice insieme a Cècile Trion proprio di Hidden Bay Records, etichetta per la quale esce questo delizioso Time Flies. Cinque tracce, di cui due strumentali, divise tra la malinconia di un Elliot Smith e la serenità pacata e nostalgica degli album solisti di Paul Banks. L’opener “Finish Last” mostra già un’apprezzabile vena melodica e la capacità di tratteggiare in poche parole precise quella sensazione di rassegnazione che viene col tempo (‘there’s winners and losers and we don’t have what it takes’).
“On Fire” inizia con un basso che sembra promettere un pezzo punk e invece si apre a una chitarra ariosa che ricorda i migliori REM. “Urgh” è la dimostrazione di come si possa costruire un anthem senza i soliti tre accordi urlati e quel ‘Don’t think it’s getting much easier now’ ti si avvita in testa mentre dietro si creano delle belle tessiture tra percussioni acustiche e elettroniche (rispettivamente Jeronymous Bouquet e Robin Cousin). Torna la melodia bel bellissimo strumentale “First Swim” e una nota agrodolce in chiusura con “Anti-Summer.” Walk Home Drunk è la conferma che la scena rock francese è piena di piccoli gioielli da scoprire.
(P.L)
STUDIO MURENA – STUDIO MURENA
(hip-hop, fusion)
Dopo aver pubblicato un disco strumentale nel 2018, lo Studio Murena ha accolto tra le proprie fila l’MC Carma e ha impostato un ampio percorso volto a incorporare l’elemento hip hop nella fusion a cui erano dediti fino a quel momento. Una serie di live a Milano e (soprattutto) dintorni, la pubblicazione di diversi singoli nel 2020, che hanno attirato l’attenzione, tra gli altri, di Alessio Bertallot, e ora ecco il disco, nel quale tutte le promesse vengono mantenute e che propone qualcosa di davvero originale, interessante e coinvolgente.
È letteralmente impossibile non farsi trasportare da queste canzoni, grazie al perfetto connubio tra musica, vocalità e testi, che fa battere il cuore all’impazzata negli episodi più grintosi e lo fa quasi fermare in quelli più introspettivi. Anche se non siete amanti di uno dei due generi di riferimento, o anche di nessuno dei due, il consiglio è di ascoltare un lavoro che non può lasciare indifferenti.
(S.B)
GOD IS AN ASTRONAUT – GHOST TAPES #10
(post-rock)
Quanto può essere utile un disco partorito da una band che, in quasi due decenni di onorata carriera, ha sviscerato in lungo e largo tutte le tematiche e i codici linguisti del post – rock? Se a questa provocazione aggiungiamo che, i God is An Astronaut hanno realizzato nel 2005 il loro capolavoro, dovremmo insieme capire cosa potrebbe nascondersi dietro un lavoro post-rock nel 2021. Diciamolo subito: questo nuovo disco della band irlandese è prodotto magnificamente bene.
Il suono è tornato cavernoso, intenso e frenetico, e in sette canzoni spicca qualche prova molto interessante (l’opener su tutte). I 37 minuti trascorrono senza intoppi e, frame dopo frame, dipongono un quadro di immagini dilatate e panorami desertici. Tastiere non più come sottofondo, ma come piatto forte di tutto il progetto, a supportare un suono roccioso e muscoloso. Si, un disco post-rock ha ancora senso.
(G.A)
VIRGINIA WING – PRIVATE LIFE
(experimental pop)
La Fire Records ci ha ben abituato alle scommesse. Fin dal 1984 con Pulp prima e Spacemen 3 dopo, l’etichetta con sede a Londra, ha sempre basato al centro della propria filosofia il coraggio. Con i Virginia Wing l’ennesima scommessa è stata ampiamente vinta. La band originaria di Manchester torna tre anni dopo l’ultimo lavoro in studio con un disco sperimentale ed eclettico.
Private Life è un disco di pura avanguardia capace però di risultare meno refrattario ai neofiti del genere visto il massiccio utilizzo di melodie familiari e squisitamente pop. Tra organi “urlanti”, capaci di fare il verso ai corni delle bande musicali, e un pop sperimentale mai scontato, questo lavoro potrebbe incuriosire. Offrite più di una possibilità ad un lavoro che, ad un primo ascolto, farà fatica ad essere digerito.
(G.A)
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