25/04/2024
A distanza di quindici giorni da Natale, i Beach House rendono disponibile l'ascolto di quattro nuovi brani da Once Twice Melody. È tornato Neil Young con un nuovo disco caldo e pieno di storie al suo interno. A seguire prestate attenzione all'ottimo album targato Teen Daze, a Nick Murphy e all'esordio, per l'etichetta Sub Pop, degli Aeon Station. 

Quindici giorni ci separano dal Natale e i Beach House hanno ben pensato di omaggiarci di quattro nuovi brani da Once Twice Melody. È tornato poi Neil Young con un nuovo disco caldo e pieno di storie. A seguire prestate attenzione all’ottimo lavoro targato Teen Daze, a Nick Murphy e all’esordio, per l’etichetta Sub Pop, degli Aeon Station



BEACH HOUSE – ONCE TWICE MELODY
(dream-pop)

Al netto di quello che abbiamo ascoltato siamo sicuri che il prossimo album dei Beach House (l’ottavo in carriera) sarà un gran bel sentire.  Once Twice Melody, è un doppio album composto da 18 brani che verranno pubblicati in maniera frazionata in altri due blocchi previsti per il 18 gennaio e il 18 febbraio. Dopo aver sentito una prima parte del 10 novembre, con la pubblicazione di Once Twice Melody, Superstar, Pink Funeral, Throug Me, ecco quattro nuovi brani. Il disco è interamente prodotto dal duo e attinge molto dal canovaccio sonoro già ben affinato dalla band: dream pop ben strutturato con brani incentrati su soffici chitarre acustiche immerse in celestiali paesaggi sonori di archi e melodie soffuse. Otto tracce delicate e interessanti.


NEIL YOUNG AND CRAZY HORNE – BARN
(indie-folk, rock, folk-rock)

Non un numero a caso, ma questo uscito oggi è il 41° album in studio di Young e il suo 14° con la sua band di supporto preferita. Barn è un ottimo disco che mette ancora al centro del rock uno dei suoi figli migliori: un lavoro a tratti aspro, onesto e provocatorio, in cui ogni canzone suonata e registrata dal vivo, rende i 40 minuti piacevolmente perfetti nella loro imperfezione.

Note rabbiose e penetranti, accordi sfocati, distorti,  e tanta intimità messa a nudo. Neil Young è, ad oggi, il rocker comunicativo perfetto per livello emozionale e profondità di “impegno” nei testi, sia politicamente che umanamente. La critica racconterà – ancora oggi – che le sue canzoni rasentano il cliché e il prevedibile, ma l’intensità, la convinzione, e la forza messa dentro questo lavoro, risulta enorme.


TEEN DAZE – INTERIOR
(Chillwave, Ambient Pop)

Continua come un fiume in piena il percorso – con il moniker Teen Daze – di Jamison Isaak. Il disco alterna (peccato) pochi momenti di grande slancio a momenti di pura noia tra l’ house francese anni ’90, indie pop, ambient pop e lussureggiante chillwave. Un lavoro che suonerà benissimo nei club estivi, molto meno in cuffia. Isaak sembra preferire questa “comfort zone” sonora ormai stantia e ben processata senza essere sfacciato. Siamo sicuri di una cosa: se questo artista osasse di più, il risultato complessivo sarebbe più gradevole.


AEON STATION – OBSERVATORY 
(indie-rock)

Potrebbe essere questo il miglior album indie-rock del 2021, e, mentre lo scriviamo, senza accorgerci della mezz’ora già trascorsa, ci accorgiamo di essere giunti quasi alla fine di questo meraviglioso album d’esordio del progetto Aeon Station, creatura messa in piedi da Kevin Whelan. Dopo aver battuto i territori indie degli anni ’90 con i The Wrens, era tanta l’attesa per questo nuovo esordio che ha tanto il sapore di un nuovo inizio. Un disco cui la genesi racconta di un lavoro intelaiato inizialmente con l’amico di vecchia data Charles Bissel, e portato in fondo da Whelan.

Observatory suona molto come un (gran) disco dei Wrens e molte di queste canzoni risalgono a quindici anni fa; altre sono state scritte negli anni successivi, ma il tutto è piacevolmente compatto. Lo spartito dei testi vede il 51 enne Whelan, mettersi a nudo ed esplorare una serie di connessioni e storie: dai suoi ex compagni di band, al defunto padre ai problemi del figlio. Dal punto di vista sonoro, è chiaramente cucito dalla stessa stoffa dei The Wrens: i pianoforti si increspano e gli accordi risuonano con lo stesso equilibrio fatto di intimità e linearità melodica. Le stessi basi che hanno reso “The Meadowlands” un album di culto dei primi ’00.

Nella forma più malinconica possibile, queste canzoni sono commoventi piuttosto che semplicemente (e banalmente) cupe. Questo album è il miglior “racconto di speranza” potesse capitarci in questo dispotico periodo fatto di pandemie, vaccini e furiosi no vax. Godiamoci a pieno questo gioiello che, non a caso, chiude questo particolare anno. Schiacciamo play e abbracciamo la speranza di un futuro migliore, ne abbiamo bisogno.


NICK MURPHY, THE PROGRAM – TAKE IN THE ROSES
(indie-folk)

A sorpresa, Nick Murphy è tornato. L’uomo multiforme, poliedrico e detentore di diversi moniker, ha sfornato questo delizioso disco con la sua nuova band The Program, che comprende i suoi compagni Nick Kinsey (Waxahatchee, Kevin Morby), Jake Falby (Chet Faker, Julie Byrne), Tim Lappin e Tim Mislock.

Realizzato prima della pandemia (e della lunga diagnosi COVID di Murphy) al leggendario Sonic Ranch di Tornillo, in Texas, Take In The Roses è stato registrato quasi interamente dal vivo. Le sue influenze americane lo distinguono dall’acclamato disco di Chet Faker di quest’anno, Hotel Surrender. Un disco intenso, caldo e ben suonato che sorprenderà piacevolmente. Una band matura si getta, a capofitto, in queste dieci canzoni costruite a dar fondo a tutte le risorse di virtuosismo ed eccentricità, mettendosi completamente al servizio di un Murphy  ispirato come non mai. L’orchestrazione elegante, le melodie elementari, la voce calda di Murphy, l’andamento a tratti sinfonico e a tratti folk fanno di Take in the Roses un lavoro molto molto interessante. Scegliamo una canzone come manifesto: Green Eyes è una pietra di rarissima bellezza, lasciatevi accarezzare dalla sua delicatissima melodia.


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