“La musica che realizziamo rappresenta esattamente la nostra personalità.” A tu per tu con Lou Rhodes dei Lamb

credit photo: Ifusha Kalina 

I Lamb per un nativo degli anni ’80 rappresentano una gran fetta di musica. Tra Massive Attack, Tricky, Dj Shadow e Portishead, il duo ha scritto una pagina importante di quello che sin da subito venne appellato come Trip Hop. Manchester non è Bristol, è vero, ma l’attitudine e i suoni proposti dal duo hanno da sempre quel fascinoso sapore di Cornovaglia. La band, dopo aver ripreso l’attività nel 2009, è tornata ufficialmente nel 2011. Il 26 aprile di quest’anno, il duo è tornato in scena piazzando il settimo album in carriera intitolato The Secret of Letting Go. Ci siamo immersi nel mondo onirico costruito dal gruppo e abbiamo discusso di presente, passato e futuro con Lou Rhodes. Una piacevole chiacchierata che anticipa il concerto che i Lamb terranno a Milano il 30 novembre alla Santeria Toscana 31.

 

Ciao Lou, come stai e dove ti trovi? 

Ciao! Sono a casa a godermi qualche giorno di riposo, visti gli impegni tra Regno Unito e Europa.

Sono trascorsi 23 anni dal debutto. Era il 1996, e le coordinate musicali avevano perso per strada la bussola del grunge. L’Inghilterra divenne il punto di riferimento musicale. Tra Brit Pop e artisti come Portishead, Tricky, Massive Attack, Dj Shadow e Dj Krush, anche il trip hop divenne un punto di riferimento. Voi venivate da Manchester e non da Bristol, vi siete mai sentiti parte di quella scena?

I giornalisti di tutto il mondo hanno sempre cercato di adattarci a quella scena. Venendo da Manchester, abbiamo radici piuttosto diverse ma quegli anni sono stati sicuramente un momento incredibile per la musica. Preferisco pensare a queste cose come una specie di “onda creativa”. Abbiamo cavalcato e generato quell’onda da diverse parti del paese.

Mi ha sempre affascinato quella sensazione di ascoltare i Lamb e sentirmi “cullato” da quel sound. Intenso, emotivo e molto celebrativo. Lo stesso vale per te? Quanto la tua musica riflette la tua personalità?

Penso che tutto ciò che facciamo nella nostra musica rifletta la nostra personalità, in una certa misura. Poi ti dico, le cose migliori succedono quando sei in grado di fare un passo indietro e lasciare totale spazio al processo creativo, liberandolo dall’ego. La nostra musica ha sicuramente un modo molto catartico di esprimere gli alti e bassi della vita, e, nel corso degli anni, anche le nostre canzoni hanno trovato il giusto slancio per emergere dal nulla.

Sebbene tu provenga da un mondo musicale diverso da quello di Andy, il tuo incontro (che ha avuto luogo nel 1994) ha portato alla creazione di uno dei migliori dischi degli anni ’90, dopo appena due anni dalla vostra formazione. Jazz, downtempo e breakbeat ben dosati, frustate di drum’n’bass, squisiti elementi jungle. Com’è nato quel capolavoro?

Sono cresciuta ascoltando i dischi folk di mia mamma, ma poi sono entrata nella scena Dance Music di Manchester e, nei primi anni, sperimentavo sulle frequenze pirata delle stazioni radio della città. Andy ha imparato a suonare la batteria in una band a Filadelfia e si è trasferito a Manchester per studiare ingegneria. Ma il corso che frequentava era troppo limitato e ha iniziato a lavorare negli studi della città in cui si trovava, lavorando e producendo remix. Un bel giorno un nostro amico in comune, un DJ, ci ha fatto conoscere, e quel primo album di cui tu accennavi è nato così. Una sorta di melting pot di tante e ispirazioni diverse.

Un wormhole temporale ci porta allo scioglimento e alla Reunion ufficiale del 2011. Ma in realtà voi siete tornati nel 2009. Ricordo bene? Poi vorrei chiederti: come si separa la sfera pubblica da quella privata? 

Quando ci dividemmo, c’era un reale bisogno di cercare i nostri spazi. Ci siamo sempre ripromessi che il progetto Lamb sarebbe esistito solo se entrambi avessimo avuto la possibilità di aprirci nuove strade nella musica. Nel 2004 avevamo la sensazione di vivere in due mondi opposti, intendo come esseri umani ma anche creativamente: eravamo arrivati ​​a una sorta di impasse. Anche io sentivo la necessità di creare musica acustica distante da quel segmento tecnologico. Ho continuato a scrivere e registrare “Beloved One”, che è stato nominato per il Mercury Music Prize nel 2006 (seguito da altri tre album da solista), e Andy ha iniziato a lavorare a numerosi progetti come produttore. Inizialmente ci siamo ritrovati al Big Chill Festival nel 2009, hai ragione. Poi quello spettacolo si è trasformato in un tour e abbiamo scoperto e capito che il nostro processo creativo aveva ancora molto da dire. Così abbiamo tirato fuori “5” nel 2011.

credit photo: Ifusha Kalina 

 

Due canzoni memorabili come Gabriel e Gorecki sono specchio anche di un preciso periodo storico e culturale. Penso a quando ascoltai queste canzoni nei film e persino nei videogiochi. Parlaci di quel periodo.

Che bello… ti ringrazio per questa domanda! Cosa dirti, sì, quelle canzoni hanno avuto una vita propria. È incredibile che, ancora oggi, tanti addetti ai lavori e tantissimi fan ci parlano di quelle canzoni e di come hanno toccato le loro vite. Gabriel era una canzone magica! Mi spiego: il testo ha una forza incredibile ed è stato creato in risposta alla lettura di una poesia Rumi. Parla di un tipo di amore molto speciale. Anche Gorecki fu ispirato da un momento di intenso amore. È straordinario come quei sentimenti siano profondi in tutti noi. Vedi, accade spesso che la musica sia il filo conduttore dei tuoi sentimenti. 

Siamo lieti di assistere al vostro concerto in Italia. Cosa ne pensi del nostro paese?

Che sei un privilegiato! Il tuo paese è incredibilmente bello e puoi godere del miglior cibo! Adoriamo l’Italia e credimi, vorremmo suonarci più spesso. 

Ad aprile siete tornati in pista con The Secret of Letting Go. Un percorso sonoro diverso rispetto al passato, un sound che ha vissuto un forte restilyng. Il disco (che mi è piaciuto) suona molto art pop e, l’aver incluso archi e tanto ambient, mi ha introdotto in nuovo mondo sonoro. 

Abbiamo iniziato a scrivere The Secret of Letting Go dopo il nostro tour intrapreso per il 21° anniversario della formazione. Abbiamo proposto il nostro album di debutto con la scaletta originale. Questa esperienza ci ha portato a capire cosa ha reso quell’album così senza tempo e ciò che ha reso i Lamb quello che sono oggi. Abbiamo iniziato a scrivere il nuovo album partendo da quella domanda, adottando un approccio “less is more” e mantenendo il sound il più grezzo possibile. 

Terminato questo il tour i Lamb daranno vita a una nuova carriera?

Dopo il tour europeo ci prenderemo un po’ di tempo libero tra dicembre e gennaio. Speriamo di fare un tour negli Stati Uniti all’inizio della prossima primavera, anche se sia io che Andy abbiamo altri progetti creativi paralleli.

Nell’era dello streaming abbiamo modo di consumare tante, anche troppe cose. Quale disco ti ha veramente colpito in questi ultimi anni?

Te lo dico con sincerità, io ho divorato Assume Form di James Blake. Lui è un artista che stimo e rispetto tantissimo, sia per la sua incredibile creatività che per la sua gentilezza. L’album mostra entrambi questi suoi lati. Mi hanno colpito tantissimo i suoi testiDi recente mi sono anche appassionata tantissimo a Little Simz e il suo Grey Area. Un album capace di trasmettere freschezza e umorismo. Wow. Sai cosa ti consiglio? Due canzoni che si intitolano 101 FM e Boss. Questa ragazza è cazzutissima! 

G.A

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