La Gioventù Sonica ribelle e rumorosa di ‘Goo’ compie ventinove anni

 

Chi è Goo? Viaggiando sulle parole di Kim Gordon (bassista e voce della band), in My Friend Goo si disegna la sua figura grazie alla ripetizione del nome e a rime compulsive sul filo del nonsense, che tanto ci fanno pensare al punk più genuino. Storie di vita, narrazioni sul filo di una voce sexy e iconica portate avanti dai suoni che si rincorrono, creando corrispondenze fra i brani. Goo racchiude tutto questo, ma è anche il sesto album dei Sonic Youth, nonché prima esperienza con una major, la Geffen Records, che pubblica il disco il 26 giugno del 1990.

Difficile raccogliere la sfida di un disco migliore del precedente, Daydream Nation (1988), considerato dalla critica l’album del decennio. Con Goo i Sonic Youth forzano le barriere della platea dell’alternative rock, ibridando il loro noise con un’estetica pop che li fa conoscere al grande pubblico. La copertina porta la firma di Raymond Pettibon, noto artista dedito a fumetti dai contenuti controversi, che ha messo il suo estro a disposizione dei Black Flag e poi dei Sonic Youth realizzando svariate cover.

Del pop sono le storie raccontate dalla band in un flusso di coscienza di 11 brani che parte con Dirty Boots, cantata da Thurston Moore, e che raccoglie la freschezza dei loro sette anni di carriera. Un brano estivo, un inno alla vita on the road, in un’accordatura quasi standard per un rock spensierato e con brevi momenti di noise a introdurre Tunic (Song for Karen), seconda traccia dell’album. Il suo magnifico preludio sciorina una narrazione dark, sussurrata dalla Gordon, come fosse la soggettiva della protagonista che ci lascia entrare e uscire dal suo disagio. Siamo dentro la mente di Karen e nuotiamo nel suo liquido amniotico di disturbo e paranoia, attraverso impercettibili dissonanze chitarristiche e un riff che si incide nella testa.

Kool Thing, primo singolo dell’album, viene ripreso dalla precedente Mary Christ, che nel finale riprende e forgia l’intro della successiva, come a indicare che non c’è soluzione di continuità fra un brano e un altro – e fra una storia e un’altra – mentre il basso poderoso della Gordon sostiene il duetto con Chuck D dei Public Enemy nelle strofe. Si torna verso stanze sonore più oscure con Cinderella’s Big Score, che mantiene un low profile fino al cantato aggressivo della bad girl Gordon su un lavoro di chitarre che sfugge a qualsiasi definizione, ma che tesse una trama melodica straniante a supporto.

È ormai l’ora del grunge e l’ultimo brano, Titanium Exposé, lo annuncia a pieni polmoni con il ritmo concitato della batteria di Steve Shelley a inizio brano e le chitarre estremamente espressive che dialogano abbandonandosi all’orgia di feedback dell’outro. L’anno successivo, ad aprire il tour dei Sonic Youth, saliranno sul palco i Nirvana.

 

Martina Lolli

 


Kim Gordon – voce, basso
Thurston Moore – voce, chitarra 
Lee Ranaldo – chitarra, voce
Steve Shelley – batteria 

J Mascis – cori (2,5,6)
Don Fleming – cori (1,7)
Chuck D – voce (4)

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