King Crimson e il monolite ‘In The Court Of The Crimson King’

In The Court Of The Crimson King è  il primo album in studio del gruppo musicale britannico King Crimson, pubblicato il 10 ottobre 1969 dalla Island Records.

12:12:22  – 10/10/2022



La genesi di In The Court Of The Crimson King

Album iconico e intramontabile, un capolavoro a cui tutti sono legati e a cui nessuno può fare a meno, ispirazione per molti artisti, tutt’oggi è un album travolgente, senza tempo e che sarebbe riduttivo dare spiegazioni o significati. Vi è consentito solo ascoltarlo, immergersi e sprofondare in un lungo sogno o un lungo incubo. A voi la scelta.

Il sentimento di instabilità emotiva profonda e di paura per il nuovo è perfettamente reso dalla copertina di “In the Court of the Crimson King firmata Barry Godber, incanta e scuote allo stesso tempo, con quel volto cristallizzato in un urlo che può essere di terrore, di disperazione, di dolore. A causa della sua originalità, della mostruosità del volto, e dell’assenza di informazioni sia sul davanti che sul retro, questa illustrazione è stata considerata da alcuni una delle più significative della storia del rock. In più, su quella copertina non compare alcuna parola: né titolo, né nome dell’esecutore.

La grandezza di quest’album è precisamente dovuta all’interazione fra tutti e cinque i grandi talenti del gruppo e non solo di Robert Fripp. Il riff di “21th Century Schizoid Man” fu partorito per metà dal cantante bassista Greg Lake e per l’altra metà dal polistrumentista Ian McDonald, la magica “I Talk To The Wind”, così squisitamente a contrasto con la sua dolcezza dopo la furia dell’uomo schizoide, è tutta farina del sacco di McDonald, e di nuovo Greg Lake con la sua forte e romantica voce e le accattivanti idee melodiche disseminate in particolare nei due sensazionali affreschi gotici “Epitaph” e “In the Court of the Crimson King”.

I brani

Ritornando sui brani, “21th Century Schizoid Man” è un brano lungo e particolarmente complicato, ricco di variazioni spesso difficili da interpretare, e che ritrae in modo compiutamente apocalittico gli orrori della guerra del Vietnam.

La traccia è fatta di musica, rumori, distorsioni, improvvisazioni, cambi tonali improbabili, fiati sospesi, voce distorta, soli che parlano all’Id, e descriverla significa un po’ mortificarla, quello che conta è capirne il senso di profondo squilibrio psichico che trasmette, magari fissando continuamente la cover dell’album, a patto che possediate un profondo controllo di voi stessi e siate quindi in grado di dominarne gli effetti collaterali sull’umore, uno schiaffo che deve avere scosso dal torpore parecchi ascoltatori.

Poi “I Talk to the Wind”, un brano folk e progressive, che Ian McDonald si trascinava dai tempi in cui cercava di mettere su una band, quasi poco credibile nella sua fusione voce/flauto, chiude la facciata A, la malinconica depressivo/indolente “Epitaph”, e si tratta di un epitaffio per una intera società, per un intero modello di vita espresso in poco meno di nove minuti, anche se pochi erano in grado di comprenderlo appieno all’epoca, «Confusion will be my epitaph» è una frase che Greg Lake consegna alla storia del rock.

La lunga Jam di “Moonchild” è quasi timidamente insicura nella voce di Lake, intimorita dall’incedere degli strumenti così lungamente in lotta tra loro, in lotta per entrare alla corte del Re Cremisi, una dimensione maestosa fatta di sogni e illusioni, delicate armonie di tempi lontani, mondi antichi e personaggi fantasy. Il brano inoltre fa da sottofondo sonoro ai titoli di coda del 1990 del film di culto Buffalo ’66 di Vincent Gallo. “The Court of the Crimson King”, una folle girandola di flauto – magnifico il solo di Ian McDonald – mellotron e voci isteriche per la corte della follia.

L’album è un crudo resoconto delle paure e delle angosce dell’uomo del ventunesimo secolo che rifugge solitudine e alienazione, rifugiandosi nella corte del Re Cremisi, che se si nasconde il suo sorriso, gli occhi rivelano una tristezza incredibile. Che altro si può aggiungere se non che esso è il riflesso della musica.

(Cristina Previte)

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