(New York City) Cops
Is This It degli Strokes viene pubblicato in Australia e poi nel resto d’Europa a luglio del 2001. Si tratta dell’ album d’esordio: in copertina campeggia un fianco femminile, parzialmente coperto da un guanto di pelle nera, in un bianco e nero che ricorda la provocazione caustica della fotografia di Helmut Newton. In Nord America la release è prevista per il 25 settembre, ma finisce per essere rimandata al 9 ottobre, con una meno scomoda cover sostitutiva, e l’epurazione di un brano.
Quel brano si intitola New York City Cops, una narrazione in chiave punk della vita notturna nella grande mela, e nel refrain recita “New York City cops, New York City cops /New York City cops, but they aint too smart”. È l’estate dell’attacco alle Torri Gemelle. Ed è la stessa estate del G8 di Genova. Oggi, a 19 anni di distanza, questo ritornello scanzonato non si è del tutto interrotto, anzi è cresciuto caricandosi di rinnovata urgenza nelle voci della protesta che animano gli Stati Uniti sotto il vessillo di “Dismiss the police” e “No justice, no peace”.
Attingere dal passato per reinventare il futuro
La scena musicale del secondo millennio si apre sull’egemonia del post-grunge e del nu-metal, incarnato da band come Linkin Park e Limp Bizkit, all’epoca in vetta alle classifiche. Quando si riuniscono al Transporterraum, lo studio di registrazione nell’East Village di Manhattan, gli Strokes spiegano subito al produttore Gordon Raphael di voler prendere una strada opposta a quella dei loro colleghi contemporanei.
Julian Casablancas – figlio del fondatore dell’agenzia Elite Model Management – e soci si erano formati musicalmente con gruppi fondamentali del rock underground statunitense come Doors, Velvet Underground e Jane’s Addiction. La band era alla ricerca di un sound consumato, “come se un gruppo del passato avesse deciso di fare un salto nel futuro e registrare il suo disco nel nuovo millennio”.
L’ispirazione garage, punk e new wave della band si traduce in sonorità grezze, che simulano l’acquisizione in presa diretta, ma in realtà sono frutto di un controllo e di una ricerca tutt’altro che spontanee. Julian Casablancas era convinto che, per creare qualcosa che toccasse davvero gli ascoltatori, non bastasse buttare giù due accordi e cantare una melodia già sentita mille volte.
Le registrazioni sono finalizzate a ottenere un sound compresso ed esplosivo, che veicola un senso di trascuratezza affettata, mentre la voce di Julian abbozza dalla cantina della porta accanto le folli notti newyorkesi tra droga (Soma è la sostanza eccitante usata dagli abitanti di Brave New World di Aldous Huxley), relazioni (Alone, Together, Someday) e scenari urbani del nuovo millennio. Dopo l’uscita, Is This It targato Strokes riceve il plauso della critica, che accoglie con entusiasmo il carisma indiscusso della band, e schizza in cima alle classifiche.
Is This It degli Strokes: il lascito di una generazione
In un momento come il nostro, nel quale la sterilità creativa della scena indie-rock e indie-pop è un’assenza che ultimamente ha tanto il sapore di un fallimento, tornare a questo disco significa ricostruire le radici di un movimento che ha avuto una portata creativa e sociale rilevante e i cui echi si stanno spegnendo forse troppo presto. Considerato universalmente la pietra miliare dell’indie-rock, Is This It degli Strokes è infatti un album seminale per molte delle band che hanno costellato il panorama alternative da quell’estate a oggi: gruppi del calibro di Arctic Monkeys, Libertines e Franz Ferdinand ne hanno colto il fascino sotteso, e sono stati capaci di riverberarne molte sfumature con rinnovata inventiva.
Quella carica dirompente, presa in prestito al garage rock anni ’70, combinata con una spensieratezza simulata tutta contemporanea e con un gusto melodico eterno e raffinatissimo ha prodotto una serie di brani senza tempo, che sono diventati colonna sonora di una generazione.
Gaia Carnevale
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