Il giornalismo musicale e il suo ruolo narrativo. Intervista a Carlo Bordone

La musica è cambiata così come il giornalismo musicale. Ne abbiamo parlato con Carlo Bordone, giornalista de Il Fatto Quotidiano e Rumore.

18:12:33  – 18/05/2020


 

Come cambierà la musica dopo questo lockdown? 

Difficile dirlo. Cambieranno molte cose e la musica è sicuramente uno dei comparti più colpiti. La musica live soffrirà parecchio. C’è un’intera filiera musicale che è messa al tappeto. Dalla musica indipendente ai grandi Festival. 

Dobbiamo cambiare le nostre abitudini, fino a che punto può interessante assistere a un concerto via Instagram o Facebook? 

Non è un modello economico che può reggere. Il distanziamento sociale in un certo senso esiste da tempo nei nostri club, diciamo la verità. Il sistema è cambiato da un pezzo. Non c’è la prosperità degli anni ’90 e oggi è un sistema radicalmente cambiato. C’è una piccola quantità di artisti che guadagnano e altri che arrancano. Le prospettive erano già dure prima della pandemia.

Si consuma musica a ritmi vertiginosi. Si fagocita la musica e francamente c’è troppo da ascoltare. L’autoproduzione è lo strumento giusto per non far morire la musica?

Chiunque oggi può incidere musica! può farlo con un telefono e piazzare in poco il contenuto in streaming. Il problema è nei live. Vedi, le promozioni non esistono più e tutto ciò che regge il movimento è il concerto. Oggi molte cose sono cambiate e cambieranno ancora di più. 

Negli anni ’90 un lettore pensava: un critico ha i mezzi per parlare di musica. Oggi, la domanda è: la critica ha ancora un ruolo nell’era digitale?

Una buona risposta, a questa interessante domanda, è nell’ultimo libro scritto da Rossano Lo Mele. Il giornalismo musicale è cambiato come è cambiato il modo di ascoltare la musica. In realtà si legge poco su carta ma tanto sul digitale. Gli appassionati ci sono e sono tanti ma sono sempre più una nicchia. 

Un tempo leggere una recensione su una rivista come Buscadero, Il Mucchio, il BlowUp o Rumore era, per tutti i lettori, una sorta di semaforo verde che ti dava il lasciapassare per acquistare il disco. Oggi cosa accade? 

Pensa al tanto vituperato Pitchfork. Un mese fa si è parlato del 10 a Fiona Apple, bene molta gente si ferma a quel voto senza leggere l’argomentazione. 

In tempi di musica consumata alla velocità della luce, non annoia leggere ancora quello stile recensivo borioso in stile “lista della spesa”?

Lo strumento della recensione ha avuto un’evoluzione importante. Un tempo funzionava in maniera diversa: ascoltavi il disco e avevi un mese per ascoltare un disco e scriverne. Oggi abbiamo un disco che esce a mezzanotte e dopo poche ore siamo invasi da recensioni. 

Il critico musicale ha ancora futuro nell’era digitale? 

In termini economici no, dal punto di vista del peso culturale assolutamente si. La gente che vorrà leggere di musica c’è e ci sarà sempre. Rimarrà l’affascinante ruolo narrativo che non è per niente aspetto da sottovalutare. Oggi si consuma musica in maniera veloce e allo stesso tempo si consumano le notizie. Una notizia accade e contestualmente viene letta su internet. Non credo si aspetti un mese per leggere una news su una rivista. 

Cambierà ancora il linguaggio del giornalismo musicale?

Quando leggevo Rockerilla per me era il vangelo. Ma se ci pensi i vari Sorge, Cilià, Guglielmi sono sempre i nostri riferimenti. Una cosa che ci terrei a sottolineare, riguardo alla critica musicale odierna, è la piacevole presenza delle donne nell’ambiente giornalistico musicale su carta e sul web. Un tempo chi si occupava di informazione musicale era etichettato come “nerd maschio” oggi, le donne, non solo si occupano di informazione musicale, ma hanno portato una ventata di grande freschezza nell’ambiente con ottimi risultati.

Sembra che a sopravvivere rimarrà il “giornalista trasversale”. Quello capace di saltare dagli Swans a Sanremo, Amici e X Factor.

Chi vuole raccontare quello succede nel mondo della musica deve necessariamente sapersi muovere su più fronti. Per molti giornalisti della mia età il rapporto con i nuovi mezzi della comunicazione è disastroso. Bisogna saper stare su Internet. Tu trasporti sui social i tuoi meccanismi di pensiero. Bisogna tagliare le polemiche e il flame, è triste vedere miei coetanei e il loro flame soporifero, spero finisca questo. L’aspetto che andrà a scemare è quello enciclopedico, mi spiego: ai giovani non interessa tanto conoscere la storia di un genere. Per carità, è fondamentale conoscere i Public Enemy per parlare di Kendrick Lamar.

Non è però più il ruolo della critica musicale quello di costruire alberi genealogici degli artisti. Se hai 20 anni e vuoi leggere qualcosa dell’artista che ti piace, hai necessariamente bisogno che il tuo narratore sia capace di cogliere gli aspetti emotivi e probabilmente è importante che il narratore sia anche anagraficamente vicino alla tua di età. L’ultima entità giornalistica capace di creare questo fenomeno è stata Pitchfork. Pensa alla scommessa nei primi 2000 con gli Arcade Fire e al 10 concesso a Fiona Apple di cui parlavamo prima. 

Un disco che ti ha piacevolmente impressionato in questo recente periodo di Lokdown? 

Fammi pensare, beh ti dico Lorenzo Senni. Mi sono ritrovato a sentirlo spesso, un effetto benefico. Una trasmutazione della musica dance in contesto metafisico. Un gran bel lavoro. 

G.A

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