Il 2022 verrà ricordato come l’anno delle certezze e delle tante novità musicali. Dai Fontaines D.C, alle conferme dei capisaldi Wilco e Afghan Whigs, passando per Weyes Blood e gli Yard Act. Stesso discorso per le uscite italiane che vedono in cima alle nostre preferenze i ritorni di Verdena e Manuel Agnelli, e le sorprese targate Edda, Marta Tenaglia e Indian Wells. Ecco in allegato i migliori album internazionali dell’anno e i migliori lavori italiani.
a cura di Giovanni Aragona, Gabriele Marramà, Stefano Bartolotta, Chiara Luzi, Patrizia Cantelmo, Nicolas Merli, Matteo Cioni e Cristina Previte
15:57:19 – 19/12/2022
1– FONTAINES D.C. – SKINTY FIA
(post punk, alternative rock)
Se avete alle spalle anni e anni di ascolti, di riedizioni di ondate new-new-wave e post punk varie, di paragoni con i mostri sacri (sempre i soliti due, Joy Division e Fall) probabilmente avete guardato con diffidenza all’ennesima apparizione della nuova imperdibile band in questo folto paesaggio, come è stato per questi irlandesi Fontaines DC. Sembrano bravi, sì… ma quanto dureranno? Non sono meglio gli originali? Passata la sbornia iniziale da novità hype, possiamo ammettere di essere di fronte (ancora una volta) a molta sostanza, e questo terzo disco ce lo conferma ampiamente.
Per una volta lasciamo perdere i paragoni, godiamoci questo Skinty Fia, album che fin dal titolo ci suggerisce i temi affrontati: “la dannazione del cervo” è un’espressione irlandese che simboleggia una fase di passaggio, di cambiamento tormentato ma necessario, legato anche all’appartenenza alla loro terra d’origine. I ritmi si fanno più lenti, i dettagli sempre più curati, l’atmosfera piena di cupezza, quasi una potentissima malinconia: ascolto dopo ascolto emerge la particolarità di ogni pezzo, ognuno dei quali meriterebbe un’analisi a parte. Forse il loro disco più convincente, ma speriamo di dirlo anche al prossimo.
(P.C)
2– THE SMILE – A LIGHT FOR ATTRACTING ATTENTION
(alternative rock, art rock)
Quando negli scorsi mesi iniziarono a circolare i primi estratti di A Light For Attracting Attention, l’esordio dei The Smile, nuova creatura di Jonny Greenwood e Thom Yorke, era già chiaro che ci saremmo trovati di fronte ad un disco complesso ed interessante. Finalmente oggi possiamo fugare qualsiasi dubbio a riguardo. Greenwood e Yorke, assieme a Tom Skinner dei Sons Of Kemet, hanno nuovamente saputo creare una piccola pietra preziosa. L’impronta dei Radiohead è in realtà molto forte, sono ben evidenti i punti che connettono A Light For Attracting Attention alle atmosfere a volte claustrofobie e cupe di KidA e Amnesiac.
Ma è con il più recente lavoro della band, A Moon Shaped Pool, che i contatti si fanno strettissimi. Le chitarre di The Opposite arrivano dritte da questo ultimo lavoro, così come gli elegantissimi ed eterei brani Pana-vision e Open The Floodgates sembrano usciti dalle medesime sessioni di AMSP. La variabile che rende questo album un lavoro diverso dalla produzione dei Radiohead è Tom Skinner. Il batterista infonde personali influenze jazz, gestisce magnificamente i ritmi sincopati della batteria dialogando facilmente con le chitarre nervose come in You Will Never Work In Television Again.
La versatilità dei tre musicisti permette di fondere influenze psych rock alla maestosa orchestra che Greenwood sa esattamente dove inserire. Non manca l’elettronica, capace di dar vita a brani intensi come la opener The Same. Non sappiamo se questo progetto andrà avanti nel tempo, al momento possiamo semplicemente goderci questo lavoro.
(C.L)
3– ARCADE FIRE – WE
(indie-rock, alternative rock, chamber pop)
Dal primissimo accordo di questo nuovo lavoro targato Arcade Fire, percepiamo una piacevolissima sensazione. Quando la pandemia ha stravolto le nostre vite, la band era sul punto di entrare in studio per registrare il loro nuovo album e Win e Regine Butler hanno continuato a lavorare insieme su moltissimo materiale. Il risultato, è un conciso LP di 40 minuti che esplora l’esperienza di vivere una pandemia : il primo lato è emotivo e oscuro, venato di isolamento e paura; l’ultima metà più luminosa e celebrativa, sulla creazione di connessioni e relazioni. Il primo lato ansioso e preoccupato di WE è seguito dalla positività e dalla speranza che si trovano nel riconnettersi l’uno con l’altro.
L’album si conclude con l’incantevole brano intitolato “WE”, che fornisce perfettamente la chiusura a quello che è un disco molto ben disegnato da trame e paesaggi sonori tipici della natura sperimentale di Arcade Fire e perfettamente armonizzato da un Nigel Godrich superlativo. Speravamo in un ritorno così importante e fortunatamente l’attesa ha mantenuto le promesse: WE è uno dei migliori dischi di questa settimana…e non solo…
(G.A)
4–ARCTIC MONKEYS – THE CAR
(baroque pop, art-rock)
A distanza di sedici anni dall’album di debutto, gli Arctic Monkeys tornano in pista con The Car, settimo album in studio di una delle band più influenti ed innovatrici dell’odierno panorama rock. Se il debutto discografico è un sole che sorge, questo nuovo disco è un piacevole tramonto sospeso in un mare di colori. The Car è composto da dieci brillanti tracce scritte da Alex Turner, giunto alla sua prova definitiva di maturità canora e stilistica. Il disco consegna ai posteri un frontman diventato perfetto in ogni sua sottile angolazione.
Apprezzare, capire e contemplare The Car è possibile solo se il precedente lavoro (Tranquility, ndr) è stato digerito. Il disco porta anche in primo piano i talenti dei membri della band come nella magistrale “Body Paint” ispirata agli anni ’70. Risulta oggi prevedibile capire quale futuro sarà della band, sempre più Turnercentrica. The Car è un disco “tattile” dal primissimo accordo, è sensuale, ammaliante e pieno di tecnica. Il disco maturo di una band enorme diventata perfetta. Abbandonati i virtuosismi indie-rock la band ha sposato David Bowie e Serge Gainsbourg: e il risultato è perfetto.
(G.A)
5 – WEYES BLOOD – AND IN THE DARKNESS HEARTS AGLOW
(songwriting)
L’avevamo lasciata nel 2019 con il suo album più bello, Titanic Rising, a girare incessantemente sul nostro personale piatto del meglio dell’anno; Natalie Mering aveva allora disvelato tutto il suo splendore in perfetta armonia fra gusto retro al sapore di cantautorato seventies e sound più contemporaneo fatto di arrangiamenti stratificati con la giusta dose di elettronica, rumorismo e archi. In mezzo, tre anni fra i più oscuri e pregni di solitudine che l’umanità abbia affrontato, anni di cui questo suo nuovo lavoro si nutre e prende le mosse- ricordandoci quanto nel buio possa risplendere il calore dei nostri sentimenti, della vicinanza reale fra esseri umani.
Un disco che è la naturale prosecuzione del precedente, iscrivendosi nello stesso solco per sonorità e temi, ma che mantiene vivo tutto il fascino che ci aveva investiti allora, aggiungendo la consapevolezza di essere di fronte a un altro ottimo capitolo di un’artista fra le più interessanti del periodo.
(P.C)
6- VIAGRA BOYS – CAVE WORLD
(garage-punk)
Già dai primi due dischi, i Viagra Boys si sono guadagnati la reputazione di una delle band più eccentriche del post-punk moderno con le loro eccitanti interpretazioni del genere, proponendo un suono più vibrante e meno ingessato in canovacci stilistici rigidi. La riflessione però, a seguito dei primi lavori, raccontava anche di una mancanza di tessuto connettivo tra l’ensemble della musica proposta.
Questo terzo album, intitolato Cave World, la band riesce a trovare una quadra e un suono d’ insieme perfetto. Il risultato non è solo soddisfacente ma finalmente i Viagra Boys sono riusciti ad espandersi ancora pur mantenendo il loro appeal punk. Una crescita esponenziale per una band talentuosa, coraggiosa e molto propositiva. Bravi.
(G.A)
7– ALVVAYS – BLUE REV
(indie-pop)
Attesissimo terzo disco per la band canadese che, diciamolo subito, rispetta in pieno le aspettative e piazza un album che sarà presente in modo massiccio nelle classifiche di fine anno. L’aspetto che colpisce particolarmente è la continua ed esponenziale crescita nel modo in cui il gruppo riesce a esprimere le proprie caratteristiche, che già sembrava praticamente perfetto nel debutto e che, invece, i cinque hanno sempre meglio definito e affinato nei lavori successivi.
Parliamo, quindi, sempre di melodie morbide, di riverberi gentili e avvolgenti e di un cantato che dà la giusta dose di sentimento a tutto l’impianto, ma, ripetiamo, tutto confezionato ancor meglio che in passato, con un set strumentale più ampio, soluzioni in sede di arrangiamento più varie e una qualità superlativa. Gli Alvvays sono un caso più unico che raro al giorno d’oggi, quello di un progetto musicale partito già benissimo e che continua a migliorare.
(S.B)
8 – WILCO – CRUEL COUNTRY
(americana)
Cosa può fare, per essere certa di un buon risultato, una band dalla carriera quasi trentennale e che ha esplorato, nel corso della stessa, diversi modi di fare musica? Una delle risposte può essere quella di riunirsi nel proprio studio tutti insieme e registrare live facendo quello che piace di più, senza farsi troppe menate. I Wilco hanno fatto esattamente così e dalle session sono emerse ben 21 canzoni per 67 minuti di musica, tutte improntate all’anima più autentica della band, quella legata alla tradizione statunitense.
Da molti anni i Wilco hanno voluto trovare modalità più moderne e talvolta sperimentali di esprimersi, invece qui se en fregano e si ripropongono in una veste che non era così tradizionalista dal secondo disco “Being There”. In realtà, le canzoni ricordano anche molto il lato più introspettivo del capolavoro “A Ghost Is Born”, ma lì, come sappiamo, c’erano molte altre cose, e invece qui i Wilco si sono “limitati” a questo. Scrivo limitati tra virgolette perché non sarebbe giusto voler trovare dei limiti in questo disco: certo, ha dei confini molto precisi e non troppo ampi, ma al loro interno c’è moltissimo.
Non si ha mai l’impressione di riascoltare la stessa canzone e si sente chiaramente l’equilibrio tra perizia, naturalezza e affiatamento con cui la band suona. Questo disco, in definitiva, è l’ennesimo ascolto di alto livello che i Wilco ci regalano. E se si sono dimostrati così in firma su disco, non osiamo immaginare su un palco, speriamo che arrivino in Italia presto.
(S.B)
9 –ALDOUS HARDING – WARM CHRIS
(songwriting)
Quarto disco per la cantautrice neozelandese, uscito dopo ben tre anni dal quel “Designer”che l’ha consacrata, “Warm Chris” non delude le attese e anzi sembra confermare ulteriormente il sospetto che siamo di fronte a un’artista dal talento cristallino e dalla personalità magnetica. Dieci canzoni in cui la Harding continua a portarci su terreni diversissimi, come ampiamente testimoniato dalla poliedricità della sua voce, vera e propria protagonista di tutta la sua produzione, strumento centrale su cui innestare canzoni che paiono scarne e semplicissime, ma che lasciano intuire una cura del dettaglio maniacale. Niente sta lì per caso, senza perdere di vista la qualità di composizione e scrittura: quasi dei piccoli classici travestiti a volte da divertissement. Un disco su cui tornare con grande attenzione.
(P.C)
10 – PORRIDGE RADIO – WATERSLIDE, DIVING BOARD, LADDER TO THE SKY
(art-pop, songwriting)
Dal numero 11 al 30
11- YARD ACT – THE OVERLOAD (post-punk)
12- AFGHAN WHIGS – HOW DO YOU BURN? (alternative rock)
13- BILL CALLAHAN – YTI⅃AƎЯ (alt-folk)
14- KING HANNAH – I’M NOT SORRY, I WAS JUST BEING ME (art rock, alternative rock)
15- DRY CLEANING – STUMPWORK (post-punk, spoken word)
16- BLACK COUNTRY, NEW ROAD – ANTS FROM UP THERE (experimental rock)
17- PAUL DRAPER – CULT LEADER TACTICS (alt-pop)
18- KENDRICK LAMAR – MR. MORALE & BIG STEPPERS (hip-hop)
19- EZRA FURMAN – ALL OF US FLAMES (art-rock)
20- GOLD PANDA – THE WORK (elettronica)
21- THE COOL GREENHOUSE – SOD’S TOASTIE (post-punk)
22- SIROM – THE LIQUIFIES THRONE OF SEMPLICITY (avant folk)
23- OLIVER SIM – HIDEOUS BASTARD (art-pop)
24- MICAH P.HINSON – I LIE TO YOU (folk, country-rock)
25- CHARLOTTE ADIGERY AND BOLIS PUPUL – TOPICAL DANGER (synth wave)
26- HORSEGIRL – VERSION OF MODERN PERFORMANCE (indie-rock, alternative rock)
27- SHARON VAN ETTEN – WE’VE BEEN GOING ABOUT THIS ALL WRONG (Indie Rock, Singer-Songwriter)
28- THE SOFT PINK TRUTH – IS IT GOING TIO GET ANY DEEPER THAN THIS? (ambient, elettronica)
29- GILLA BAND – MOST NORMAL (noise-rock)
30- BIG JOANIE – BACK HOME (alt-rock)
I MIGLIORI ALBUM ITALIANI DEL 2022
1 – EDDA – ILLUSION (songwriting) – leggi qui la recensione
2- VERDENA – VOLEVO MAGIA (alternative rock) – leggi qui la recensione
3- CALIBRO 35 – SCACCO AL MAESTRO (colonna sonora) –
4- C’MON TIGRE – SCENARIO (indie-rock)
5- MANUEL AGNELLI – AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO (alternative rock) – leggi qui la recensione
6- ALESSANDRO FIORI – MI SONO PERSO NEL BOSCO (songwriting)
7- MARTA TENAGLIA – GUARDA DOVE VAI (nu-soul) – leggi qui la recensione
8- INDIAN WELLS – NO ONE REALLY LISTENS TO OSCILLATORS (indietronica, ambient, IDM)
9- MARIO PIGOZZO FAVERO – MI COMMUOVO,SE VUOI (songwriter) – leggi qui la recensione
10- MAISIE – DAL DIARIO DI LUIGI ROCCA, CITTADINO (art rock)
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