25/04/2024
Can Hear the Heart Beating as One è l'ottavo album discografico in studio degli Yo La Tengo, pubblicato nel 1997.

 

 

Mai stato un gruppo di successo, gli Yo La Tengo, in 38 anni e una ventina di dischi di carriera. Anche quando il treno delle majors è passato, trainato dai Nirvana, loro sono rimasti a macinare chilometri sul tourbus. Tra i motivi c’è sicuramente lo scarso appeal mediatico, non avendo nè l’aura maudit di un Cobain nè la coolness di Sonic Youth o Jesus and Mary Chain.

 

Sono dei nerds irriducibili, gli YLT. Poichè tra i loro tanti pregi c’è l’autoironia, ci hanno giocato nell’esilarante video di Sugarcube, dove il boss della casa discografica li manda a studiare all’Academy of rock per imparare i trucchi del mestiere e ne escono laureati ma senza aver mutato una virgola del loro stile.

E’ anche per questo però che sono amatissimi nella comunità dei musicofili, perchè è facile identificarsi con loro. Gli YLT sono come noi. Sono una band a conduzione familiare, guidata dall’inossidabile coppia Ira Kaplan/Georgia Hubley, più il gigante buono James McNew. Ira, prima di diventare musicista, ha fatto il roadie, il tecnico del suono e il critico musicale. Possiede una cultura musicale enciclopedica e lo dimostra l’enorme numero di cover eseguite, su disco e on stage.

 

 

C’è una pagina web che ha tenuto il conto e risultano omaggiati 431 (!) artisti diversi, da Quincy Jones agli Urinals, da Burt Bacharach ai Kiss e così via. Infine non si può non citare il fatto che ininterrottamente dal 2001 YLT organizzano, prima al Maxwell di Hoboken e poi alla Bowery Ballroom di NY, una serie di 8 concerti consecutivi tra natale e capodanno, per celebrare Hanukkah e fare beneficenza, in cui invitano i loro amici ed eroi musicali e trasformano ogni show in una festa. Davvero facile, amarli.

I Can Hear the Heart Beating as One, gli Yo la Tengo e i cuori che battono all’unisono

I Can Hear The Heart Beating As One, uscito il 22 aprile 1997 per Matador Records, è sicuramente uno dei 2-3 dischi da consigliare per chi volesse approcciare la band. E’ il disco della maturità artistica, in cui viene elaborata una sintesi efficace delle loro innumerevoli influenze. La tavolozza dei colori musicali si allarga, in un processo che sarà ulteriormente espanso nel successivo And Then Nothing Turned Itself Inside-Out. C’è naturalmente il guitar sound di impronta Velvet/Feelies/Modern Lovers, ma c’è spazio per il downtempo di Damage, il kraut rock (i dieci minuti dello strumentale Spec Bebop, forse troppi, ma è un peccato veniale) pure la bossa nova (la deliziosa Center Of Gravity).

 

 

 

Ci sono alcuni classici, come l’innodica Sugarcube, la ballata folk Stockholm Syndrome, cantata da James McNew, la magia dilatata e bucolica di Green Arrow. E un paio di cover, tanto per gradire, una Little Honda che passa dai fratelli Wilson ai fratelli Reid e una My Little Corner Of The World che ha la leggerezza dei pezzi dei Velvet cantati da Mo Tucker.  Anche adesso che la vena creativa si è un po’ fisiologicamente affievolita gli Yo La Tengo continuano a sfornare dischi mai meno che belli e ad ammaliare le platee dal vivo. Chi scrive conserverà il ricordo indelebile di un loro concerto ad Urbino, portato a termine nonostante un temporale di proporzioni bibliche. Le certezze della vita.
(Gabriele Marramà)

 


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