I Break Horses – ‘Warnings’ –

Gli I Break Horses tornano con Warnings,  terzo album in carriera della band svedese che segue di sei anni ‘Chiaroscuro’. Il disco è stato prodotto da Chris Coady per l’etichetta Bella Union. 

12:45:00  – 18/05/2020


 

 

Etichetta: Bella Union
Genere: dream pop
Release: 8 maggio


Ode alla lentezza

La lentezza è una qualità che è tornata repentinamente nel nostro quotidiano, e che ci sta dando modo di ricreare connessioni ormai perse da tempo con ciò che ci circonda. In questa condizione rallentata anche l’ascolto di un disco è di nuovo un’attività a cui dedicare concentrazione. Un album a cui rivolgere particolare attenzione, che ha fatto della lentezza la sua bandiera, è Warnings, terzo lavoro in studio del duo svedese I Break Horses. Realizzato con tempi lunghi, quasi cinque anni di gestazione, prodotto da Chris Coady (Beach House, Grizzly Bear) re dei suoni morbidi e lenti, il disco richiede un ascolto dedicato.

 

I Break Horses e la colonna sonora di un film immaginario 

Il modo in cui sono nati i dodici pezzi che lo compongono è strettamente legato alla sfera cinematografica.  Maria Lindén è partita componendo musiche ispirate da film che per lei hanno avuto un grande impatto, come ad esempio To Die In the Country e Blow Up, a cui poi ha aggiunto i testi. Per questo l’album può essere una potenziale colonna sonora di un film dalle tonalità tetre. Lungometraggi in cui i protagonisti si muovono nelle ambientazioni desertiche, location in cui un autore come David Lynch sembra aver messo il proprio tocco estraniante 

 

Drammaticità e suoni densi 

In realtà non è difficile entrare in contatto con l’atmosfera cupa e rarefatta creata da Lindén poiché i brani colpiscono senza indugio lo stomaco e arrivano diretti al cuore. La connessione emotiva che si un un crea è sin da subito forte grazie alla suadente ballad Turn, opener senza dubbio azzeccata. L’uso elegante di synth, mellotron e loop si sposa con la vellutata voce della cantante creando drammaticità (I’ll be the Death of you); nei momenti in cui quest’ultima viene soppiantata da melodie più vivaci, sono i testi a mantenerla viva (Silence). Mentre i brani si susseguono, i ritmi accelerano e la scena principale di questo film si sposta in un ambiente urbano le cui aperture sonore risultano effimere (Neon Light). É infatti immediato il ritorno alla lentezza racchiusa nelle chitarre dense e nei suoni profondi, quasi rassicuranti di I Live At Night. Le vette più alte dell’album sono raggiunte dalla struggente Death Engine, racconto del tentato suicidio di un amico di Lindén, e dalla minimale chiusura: Depression Tourist. Il brano in coda al disco è un episodio catartico, magistrale, che si regge solo sulla voce di Maria Lindén modificata dal vocoder.

 

Un linguaggio che rapisce 

Ascoltando il disco è inevitabile trovare delle suggestioni che rimandano ai Beach House o ai Chromatics: l’universo in cui queste band ruotano è il medesimo. Tuttavia, gli I Break Horses sviluppano un ulteriore apprezzabilissimo linguaggio che rapisce l’ascoltatore lasciandolo senza fiato. La dedizione, nonché il lungo tempo impiegato dal duo svedese nella composizione, ha permesso loro di scandagliare l’oscurità e di ritrarla in ogni sua più intensa sfaccettatura, regalandoci un ottimo disco da ascoltare in tranquillità.

Chiara Luzi 

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