‘Homework’, il regalo dei Daft Punk al mondo della musica

Homework è il primo album in studio del gruppo musicale francese Daft Punk, pubblicato il 20 gennaio 1997 dalla Virgin Records.

11:46:40  – 20/01/2023



Sono passati ormai 2 anni dallo scioglimento dei Daft Punk in un altro inquietante colpo dell’era della pandemia, ed è una morte artistica di cui ancora non ci siamo ripresi e che forse non ci riprenderemo mai.

Per annunciare ufficialmente la loro fine, hanno pubblicato Epilogue, un toccante video con i testi della canzone “Touch” di Random Access Memories (2013): “Aspetta, se l’amore è la risposta, sei a casa”. Anche se straziante, è una conclusione appropriata: per quanto i Daft Punk ci abbiano esortato a muoverci, ci hanno anche ricordato di fonderci. E, in questo spirito eterno, credo davvero che i Daft Punk stiano scintillando in galassie privilegiate alternative, deliziando nuove creature con nuove formulazioni tanto persuasive quanto il loro dono per noi umani sulla Terra.

Ogni anniversario di un loro album ci travolge come una doccia fredda, e proprio oggi è uno di quei giorni tristi, in cui metti su Homework, inizi a ballare e ti lasci trasportare dai ricordi.

Tutto ebbe inizio in una stanza

Incoraggiati dal crescente trionfo di “Da Funk”, i Daft Punk hanno arruolato il DJ e promotore del nightclub Pedro Winter come manager della loro band e alla fine hanno firmato con la Virgin Records, saltando dalla più piccola Soma Quality Recordings dove avevano iniziato, nella speranza di raggiungere un pubblico più ampio.

Nonostante i talenti inattaccabili del duo, il successo commerciale è stato un viaggio pluriennale. Hanno costantemente accumulato una base di fan dal 1993, l’anno in cui i parigini Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo sono diventati Daft Punk. Non ancora ventenni, i due amici di lunga data avevano abbandonato il precedente progetto indie rock Darlin’, a favore di giradischi, campionatori e drum machine.

Sebbene ispirati dal glamour sperimentale della club culture, i Daft Punk hanno attinto da una vasta gamma di influenze, tra cui Serge Gainsbourg, Primal Scream, Television, Stevie Wonder, disco, funk, hip-hop, rap, pop e underground house/techno – solo pochi nomi. In effetti, il primo singolo della band, pubblicato nel 1994, “The New Wave”, che in seguito sarebbe riapparso rimodellato come “Alive” su Homework.

Homework, uno studio sulle contraddizioni

L’album di debutto di Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo è arrivato il 20 gennaio 1997, proprio intorno alla proliferazione dell’elettronica. L’introduzione dei Daft Punk nel mondo è arrivata anche in un momento in cui la musica elettronica francese stava guadagnando riconoscimento internazionale, dai robusti design da discoteca alle escursioni jazz e downtempo, musica che suonava a miglia di distanza dalla musica house rude e brutalista di Homework.

Nei 26 anni trascorsi dall’uscita di Homework, i Daft Punk si sono allontanati dal loro sound con un pop elettronico che ha attraversato il mondo e che, pur incorporando altri elementi dei sottogeneri della musica dance, il più delle volte ha tenuto a debita distanza gli elementi costitutivi della musica house. Si potrebbe presumere che Homework si sia perso nella narrativa che si è formata dalla sua uscita, quella dei Daft Punk come avatar di superstar con l’elmetto robotico, piuttosto che come irriverenti esperti di casa.

Il disco ha anche posto le basi per la carriera del duo fino ad oggi: un’ascesa di enorme successo all’iconografia pop, costruita per distorcere le forme del passato della musica dance per assomigliare a qualcosa di apparentemente futuristico.

Intorno al mondo

In questo primo disco i Daft Punk sfoggiano dell’ottima musica “da cameretta”: minimalista nei suoni, orecchiabile quanto basta e debitrice di una non precisa corrente musicale elettronica, tanto che si possono scorgere echi di Kraftwerk, ma anche della disco-music degli anni ’70 e del synth-pop esploso negli anni Ottanta. Le composizioni dei Daft Punk si basano su un’idea che viene reiterata in continuazione, con l’aggiunta di piccoli suoni e con il costante ritmo martellante tipico di certa musica techno.

Eppure sarebbe riduttivo definire i Daft Punk come dei “rielaboratori” di antiche idee: il loro disco è pieno di piccoli capolavori che, anche grazie all’accompagnamento di ottimi videoclip, riescono a sfondare e a creare un vero e proprio caso. 

“Around the World” che catalizza l’attenzione e diventa un clamoroso successo commerciale. Ciò che all’apparenza potrebbe sembrare una hit usa e getta, nasce in realtà da un irresistibile ritmo, da un orecchiabile giro di basso in sottofondo e soprattutto dalla voce sintetica che ripete, in continuazione, le stesse tre parole, che riecheggia la frase “intorno al mondo” esattamente 144 volte come un mantra vocale rilassante, la canzone raduna il collettivo mentre insieme vacillavamo verso la fine del millennio. “Around the World” ha assorbito le energie della società sempre più globale e connessa.

Di “Around The World” colpì innanzitutto il video incredibile, diretto da Michel Gondry, a livello (per coreografie e impatto) almeno quanto “Thriller” di Michael Jackson. In pochissimo tempo tutti ballavano, mimavano e ascoltavano i Daft Punk. Il suono di “Around The World” era per tutti, qualcosa di veramente nuovo.

Un suono che tra l’altro proveniva da una nazione che musicalmente ai più non aveva dato granché: ha ragione Zingales quando – parlando di “Homework” – definisce vuoto lo spazio della musica francese prima dei Daft Punk, soprattutto se riferito a una musica fruita dai ventenni di allora. Quello che successe con l’uscita di “Homework” spazzó via tutto, veramente tutto: parliamo del successo planetario di un disco con i suoi singoli trainanti trasmessi in ogni sperduto angolo del mondo.

In “Homework” entra ed esce di tutto: acid house, techno, funk, Chicago house, musica pop, heavy metal e disco music ovviamente.

Homework” parte e finisce senza un vero e proprio filo logico o conduttore, stando lontano, molto lontano, dal big beat dei Chemical Brothers o dalle influenze rave dei Prodigy, in quella che più che un album va considerata come una raccolta di singoli dei Daft Punk, capace di calamitare l’attenzione per ognuna delle sue tracce: diventando seminale per il ritmo ossessivo – compulsivo di un pezzo come “Da Funk” o ancora, infine, per il synth di “Alive”.

Chiunque, per assurdo, veramente chiunque a partire da quel gennaio del ’97, appena si è avvicinato anche solo minimamente al suono dei Daft Punk ci si è dovuto poi confrontare; basti pensare, a quante volte si evita di citarli, per non finire a nominarli sempre. Perché è scontato, perché è stucchevole.

Homework creatura degli Dei tra gli Dei

“Homework” fu il disco dei dischi per chi produce, ascolta, balla o vive di musica elettronica: un esordio talmente immenso di cui gli stessi Daft sono stati vittime, considerando i detrattori di “RAM” o gli storcinaso di “Human After All” che vorrebbero un “Homework” al giorno in uscita, un disco di cui oggi celebriamo i 26 anni e su cui torneremo ancora e ancora per rendergli omaggio. Inarrivabile, ineguagliabile nell’Olimpo, creatura degli Dei tra gli Dei.

Cristina Previte


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