Fleet Foxes – Shore

Il 22 settembre, per l’equinozio d’autunno, i Fleet Foxes sorprendono i fan con la pubblicazione del quarto album in carriera intitolato Shore. Il disco è pubblicato da Anti – Records.

14:14:39  – 24/09/2020


 

 

Etichetta: Anti-Records
Genere: indie- folk 
Release: 22 settembre

Il ritorno, a sorpresa, dei Fleet Foxes 

Alle volte è proprio vero, non tutti i mali vengono per nuocere. Certo, la situazione che tutti noi contemporanei stiamo vivendo è tra le più oscure, misteriose ed impronosticabili che ci siano capitate a tiro. In questo contesto la musica – forse la forma d’arte più diretta usata per comunicare da uomo a uomo – ha assorbito più di ogni altra i feelings connessi alla pandemia. Che la stessa musica ne stia uscendo molto provata è cosa nota: in questi ultimi mesi si sono susseguiti concerti annullati, difficoltà economiche, senza tralasciare l’impossibilità, per molti musicisti, di comporre insieme gli uni ad altri (per dare forma all’armonia).

Parliamo di fattori pesantissimi nella testa di un musicista. Ma i Fleet Floxes, capitanati dal loro suo sublime deus ex machina, Robin Pecknold, sono qui a testimoniare come dal nulla del buio pesto sia possibile, con grazia e ardore, creare luccichii preziosi per orientarsi nelle tenebre con cui siamo chiamati a confrontarci.

Il quarto album in studio del multiforme ensemble americano, perfezionato durante questo infausto 2020, è una prova significativa di talento al servizio dell’educazione sentimentale: non in senso sessuale o di formazione, ma proprio come guida spirituale per rapportarsi al meglio con quanto ognuno sta provando e proverà. È una bussola per cuori impavidi, desiderosi di non fare calcoli sulle reazioni della propria indole.

Una piacevole collezione di pezzi non uniformi 

I Fleet Foxes con ‘Shore‘, al pari di alcune fra le ultime grandi uscite discografiche (penso a Flaming Lips e Doves), si prendono una pausa dalla sperimentazione (tanto sul concetto di forma canzone, quanto negli arrangiamenti delle medesime, o anche nella spicciola prova di audacia dietro i bottoni) per riconciliarsi con sonorità, atmosfere e modalità di offrire un racconto. Peculiarità note, che ne avevano caratterizzato gli esordi o comunque in linea con i tratti distintivi più marcati del loro sound.

Se questa sia una semplice fase fisiologica (un po’ come il ritorno all’intimismo dei Radiohead di ‘A Moon Shaped Pool’), oppure una scelta dettata dal volersi aggrappare ad una certezza confortante per poter trovare spinta ed ispirazione in uno specifico momento delicato, questo ce lo diranno solo le prove successive.

Dal punto di vista prettamente critico, il disco è una coinvolgente collezione di pezzi non uniformi, accomunati dalla volontà di mostrarsi, piuttosto che nascondersi. In tal senso, l’abbandono di alcune tendenze psych e timidamente prog di Crack Up, sono il segno più tangibile della scelta operata da Pecknold. In un certo senso è come se non volesse farsi sfuggire le idee e le melodie (timoroso che esse avrebbero potuto dissimularsi dentro costrutti troppo articolati e tortuosi).

Conclusioni 

Grande pregio è nella scorrevolezza, pur nella corposa tracklist, agevolata da una sapiente gestione dei tempi e dei registri: ci si ritrova alla stupenda ‘Maestranza’ in totale scioltezza e, quando si pensa che il meglio sia passato, arriva a seguire la strepitosa doppietta ‘Young men’s game’ e ‘I’m not my season’ a sancire la riuscita del progetto. seppur nell’ultima manciata di pezzi il disco fatica a rinnovarsi e sorprendere, ‘Shore’ conferma i Fleet Foxes ai vertici dell’alt rock contemporaneo, con una media qualitativa in soli quattro dischi davvero alta e che non è mai sufficientemente celebrata.

Carmine Speranza 

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