Dua Lipa – ‘Future Nostalgia’

 

 

Etichetta: Warner Records
Genere: Dance Pop/Electro Pop
Release: 27 marzo

Qualche mese fa, mentre Dua Lipa si esibiva sgambettando sul palco dell’Ariston di Sanremo. C’è stato un momento in cui, dopo averla vista lanciare un’occhiata dritta dritta verso la telecamera, ho pensato: “questa è veramente una popstar”. C’era qualcosa in quello sguardo magnetico, o in quella voce cupa, che mi aveva stregato. Al che, se si è in mala fede, si potrebbe pensare: “va be’, è solo perché ha carisma, presenza scenica, perché è bella”. E invece no, c’è evidentemente molto di più, e il suo secondo album Future Nostalgia ne è la prova evidente.

Un disco senza epoca

Nonostante il titolo possa alludere all’ennesima operazione retromaniaca, l’album non puzza mai di vecchio. Credo che l’elemento nostalgico risulti più nei riferimenti e nelle ispirazioni. Si intuisce chiaramente come Dua Lipa abbia voluto ricreare le atmosfere di fine anni ‘90/inizio anni ’00 tipiche di artisti britannici come Jamiroquai, Moloko, Sophie Ellis-Bextor – che peraltro si sposano perfettamente con la sua voce scura e sensuale – dando però una sfumatura futuristica al tutto. Il risultato è un album profondamente “inattuale”, senza epoca, e quindi perfetto, potenzialmente apprezzabile da chiunque. Uno dei punti di forza è il perfetto mix tra modernità tecnologica ed “elemento umano”.  

Non è una fredda riproposizione di modelli passati, c’è dell’anima dietro. Attenzione, c’è effettivamente anche tanto citazionismo, ma non è fastidioso: rende piuttosto le sue canzoni immediatamente riconoscibili, familiari, assimilabili. Al secondo ascolto del disco hai già puntellati in testa melodie, linee di basso, riff e girotondi vocali. Una bella sterzata rispetto al suo lavoro precedente, ma Future Nostalgia la impone per direttissima fra le artiste pop più rilevanti a livello mondiale.

Le canzoni 

I know you weren’t used to a female alpha”, si apre così l’album nel pezzo programmatico omonimo. Il disco è pieno zeppo di  frasi iconiche, testi sfacciati, memorabili. Una prima parte  esplosiva (Don’t Start Now) una grande canzone nu disco dal basso sexy e tutti gli elementi al posto giusto. E poi CoolPhysical, (omaggio a Olivia Newton-John?) – vero e proprio ceffone in faccia, comincia con toni dark e poi si apre a un coloratissimo e potente ritornello – ancora Levitating e le sue strofe/filastrocche rappate – qui invece ispirate a Debbie Harry. Wow. Nella seconda parte invece si decide di alternare momenti più rilassati (vedi Pretty Please o Love Again) a ulteriori banger, come Break My Heart. La citazione aleggia sulla canzone ma la porta in una direzione inedita, aiutandola a rendere al contempo nuovo e familiare il brano. Probabilmente però il punto più alto dell’album avrebbe potuto essere Hallucinate, ha una melodia eccezionale e una dinamica molto interessante. Perché “avrebbe”? Perché, come si dice in maniera spartana, “non spinge”. C’è qualcosa che si perde nel beat durante il pezzo ed è un vero peccato, vuol essere un pezzo dance à la anni ’90 ma per essere tale forse bisognava osare di più in fase di produzione. Poteva essere di più.

Forse è l’unico momento in cui si avverte vagamente qualcosa di storto, ma è un pelo nell’uovo: l’album scorre liscio fino al finale Boys Will Be Boys, dai toni nettamente differenti rispetto al resto dell’album. Un brano bellissimo e molto personale, volto a smentire il concetto che gli uomini possano tranquillamente comportarsi da ragazzi, mentre “girls will be women” (devono cioè crescere in fretta).

Dua Lipa utilizza delle immagini molto chiare e in cui molte donne purtroppo possono riconoscersi: il tornare a casa prima che faccia buio, le chiavi fra le nocche se si avvicina qualcuno, l’ironia con cui si nasconde la paura – “isn’t it funny how we laugh it off to hide our fear when there’s nothin’ funny here”.

Conclusioni pop

La forza dei suoi testi sta proprio in questo: immagini dirette, sfrontate, anche divertenti. “We don’t know how to talk but damn, we know how to fuck” (da Good In Bed) o “Who needs to go to sleep when i got you next to me” (da Physical), sono giusto alcuni esempi. La figura della female alpha, l’empowerment sono temi ricorrenti, sì, ma ci sono anche tanti momenti in cui emerge il lato più vulnerabile, tenero (Love Again o Break My Heart, esempio di “dance crying”), o ancora la ricerca di nuove sfide e di divertimento, ossia quello che rappresenta quest’album stesso per la carriera di Dua Lipa.

E’ molto bello che sia uscito un disco pop così forte e godibile, è uno di quei dischi che quando li passano in radio pensi “Finalmente!” anziché cambiare stazione alla frenetica ricerca di qualcosa di decente. Non c’è pretenziosità, non c’è ricerca intellettuale dietro, ma pura orecchiabilità pop e anche tanta ambizione: brava DuaLipa!

Michele Ruggiero 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *