Destroyer – ‘Have We Met’

 

 

 

Etichetta: Merge Records
Genere: lo-fi, baroque pop, indie rock
Release: 31 gennaio

Dan Bejar è ormai stabilmente entrato nell’olimpo dell’indie rock, e non serve minimamente dettagliare quello che ha prodotto dal 1996 ad oggi, tra scorribande solitarie, Destroyer, The New Pornographers e Swan Lake (un supergruppo capace, tra il 2006 e il 2009, di sfornare due buonissimi dischi). Facciamo ancora fatica a comprendere perché molta della critica del settore non sia del tutto convinta circa le qualità di questo musicista quarantottenne. A nove anni dalla svolta capillare e stravolgente del Destroyer, che nel 2011 diede alle stampe il complesso e articolatissimo album Kaputt, Dan Bejar è riuscito a trasmigrare, da allora, ogni suono in un qualcosa di nuovo, fresco e originale. Ogni disco, prodotto in questi ultimi nove anni (ben cinque, considerando anche un EP), prende spunto da elementi passati, ma ogni lavoro racconta una storia sonora differente. Dal soft rock più raffinato e delicato del passato, alle atmosfere synth-pop di Ken, fino ad arrivare al sintetico e soffice lo-fi di questa ultima prova intitolata Have We Met.

Il nuovo lavoro trasuda bellezza da ogni suono. Have We Met offre bassi e chitarre suonati in presa diretta, sintetizzatori vividi, pieni e armonici, il tutto intelaiato da soli tre musicisti, Bejar, John Collins ai sintetizzatori e Nicolas Bragg alla chitarra. Il minimalismo casalingo ben studiato diventa teatro perfetto per Dan Bejar, un luogo dove il musicista riesce a dare libero sfogo ai suoi impulsi creativi, tra chitarre geometriche e angolari, synthscapes sofficissimi, e un cantato a tratti distaccato, ma sempre caldo e intenso. 

Le fantasie oniriche prodotte da brani come University Hill e Crimson Side (miglior canzone del disco) sono le scorribande più delicate e dolci di un’intera carriera. I tantissimi sintetizzatori (che spesso ci hanno ricordato un arcade di videogiochi anni ’80 in stile Castelvania), perfettamente compressi nel gioco di arrangiamenti ben calibrati, risultano più utilitaristici che mai nell’economia totale di questo lavoro. La vera rivoluzione del nuovo Destroyer versione 2020 è che per la prima volta i tappeti sonori sono tutti pensati per seguire Bejar, piuttosto che il contrario. La scommessa è totalmente vinta poiché, in 42 minuti, non ci sono crepe. C’è qualcosa di inquietante ma al contempo di stuzzicante, sensuale, emozionante, che accade nelle mura di Have We Met. Bejar suona come un fantasma nella maggior parte dei casi, e ogni traccia sembra un prodotto pensato da entità non umane (gli ultimi minuti di Foolssong ne sono il fulgido esempio).

La caccia agli alieni ha avuto esito negativo da sempre, tuttavia ciò non ha intaccato la diffusa convinzione, supportata d’altra parte dal calcolo delle probabilità, che non siamo soli nell’Universo. Ai dischi volanti, esserini con la testa ovale, avvistamenti, (false o vere) testimonianze, persone rapite da navicelle ed Enigmi Alieni, aggiungiamo ufficialmente questo disco costruito da pareti sintetiche e porte che conducono a mondi paralleli. Un punto di contatto con altri universi completamente scollegati dal nostro.

G.A

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