Da Manitoba all’esordio di Caribou con ‘The milk of human kindness’

Primo album di Dan Snaith con il moniker Caribou, questo disco eterogeneo lo conferma come uno dei musicisti più interessanti della scena elettronica del tempo. Esce nell’Aprile del 2005 pubblicato da The Leaf Label.

19:15:12  – 17/04/2021


Da Manitoba a Caribou

Cinquecentomila dollari. Questa è la cifra che il legale di Dan Snaith prevede sarà necessario investire nella lotta legale per il mantenimento del nome Manitoba, con il quale il canadese ha pubblicato i suoi primi due dischi. È una battaglia che Dan non può assolutamente permettersi, quindi Manitoba diventa Caribou, accontentando Richard “Handsome Dick” Manitoba, cantante dei Dictators.

I primi due progetti di Snaith, già molto diversi tra di loro ma entrambi caratterizzati da una produzione elettronica dalle mille sfaccettature, avevano ottenuto ottimi feedback pur rimanendo dischi di nicchia. Non deve essere stato facile abbandonare il nome sotto il quale erano stati pubblicati e, in un certo senso, ripartire da capo. La scelta ha però portato fortuna: The Milk of Human Kindness viene acclamato dalla critica e lancia la carriera di Caribou, facendolo diventare uno dei nomi più importanti nel panorama della musica elettronica contemporanea.

Un’ode elettronica all’aleatorietà

Ascoltando i suoi lavori precedenti, non ci si stupisce di come si sia sempre fatto fatica ad assegnare un genere alle raccolte di tracce pubblicate da Snaith. Il suo modo di fare musica rifugge qualsiasi tipo di etichettamento, qualsiasi tipo di definizione canonica. L’unica “etichetta” azzeccata tra quelle che gli sono state affiancate negli anni 2000 è wondrous electronic folk, ovvero “straordinario/meraviglioso folk elettronico”; che poi non è altro che la testimonianza di quanto sia difficile inquadrarlo in maniera classica.

Quando intervistato a riguardo, in maniera simile a tanti artisti poliedrici, Dan risponde che lui scrive pezzi senza pensare a un genere o una categorizzazione, e anzi apprezzando l’eterogeneità che spesso risulta nei suoi lavori. Non è quindi partendo dal genere di musica si può analizzare questo suo disco. Si potrebbe quindi prendere in mano i testi di tracce come Hello, Hammerheads , Yeti e Brahminy Kite. Cantare nelle sue tracce per Snaith e forse è proprio qua che potremmo trovare un qualche filo conduttore, un qualche significato nascosto nelle parole.

Dopo una breve ricerca però Caribou smonta questa teoria, dichiarando in una intervista che le parole sono scelte soltanto per il loro suono, e non per il loro significato. Anzi, una ballata dai tratti così marcatamente folk come Hello, Hammerheads lui non l’avrebbe nemmeno voluta scrivere in realtà ma è finita all’interno dell’album ed è tuttora uno dei pezzi più belli nonostante la sua natura acustica la separi nettamente dagli altri.

Shakespeare e il Macbeth

Non che gli altri pezzi possano vantare uno spazio sonoro comune: dalla lunga, tortuosa e a tratti ipnotica Final Warning, al groove rock di Bees, a due tracce come Lord Leopard e Pelican Narrows, a cui mancherebbe soltanto il contributo di un mc per diventare capolavori hip-hop, Caribou riesce sempre a spiazzare l’ascoltatore, traccia dopo traccia. Si inizia ormai a notare come l’assenza di un filo, di un nesso logico che tenga insieme questo disco possa essa stessa essere ciò lo rende così coeso.

E allora non ci si stupisce quando si scopre che anche il titolo dell’album, The Milk Of Human Kindness, che è un’espressione coniata da Shakespeare in Macbeth, per materializzare qualità come gentilezza e compassione, in realtà Snaith l’ha letta su un furgoncino di una ditta che vende latticini e ha scoperto solo dopo da dove venisse o il suo significato.

Il modo migliore per apprezzare l’album è quindi accettarlo come un’ode all’aleatorietà, come una serie di dimostrazioni di un genio creativo totale le cui influenze vanno dal free jazz del Coltrane più sperimentale al progressive rock degli Yes. Abbandonando ogni velleità di analisi o ricerca di significati più profondi, semplicemente facendo un passo indietro, come si fa a volte con alcuni quadri, e ascoltando i quaranta minuti e dodici secondi di The Milk of Human Kindness.

Matteo Cioni

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