Compie trent’anni ‘Paul’s Boutique’, rivoluzione sonora dei Beastie Boys

 

Considerato a posteriori un classico del rap, l’album Paul’s Boutique non ottiene il successo sperato. È il momento della svolta dei Beastie Boys che, dopo il primo disco Licensed to Ill, reinventano la loro immagine in una manciata di anni, quando sono a un passo dal diventare dei cliché. Da trio di ragazzacci del frat-rap made in Brooklyn – il rap più festaiolo e dissacrante – i Beastie raffinano il loro sound e immagazzinano il palinsesto psichedelico dei Dust Brothers, con cui stringeranno un proficuo sodalizio.

Il turning point avviene anche nello stile: non più abiti di pelle ma occhiali scuri, giacca e cravatta. Una svolta difficile da digerire, in un momento in cui, più che mai, le immagini diventavano icone della nostra vita quotidiana. Così il 25 luglio di trent’anni fa, la Capitol Records pubblica un disco destinato a segnare la storia della musica, un viaggio onirico nella cultura degli ultimi decenni. Paul’s Boutique scorre come un flusso di coscienza dove la cultura stessa viene fagocitata, digerita e poi ricomposta in un puzzle surreale fatto di sample dalle più emblematiche canzoni del rock – fino a dieci campionamenti per ogni brano composto dai Beastie.

In questo stream of consciuosness convivono i più svariati generi musicali. Memorabile l’intro dub della prima track, To all the Girls, che si evolve in una sferzata di energia nello stile più irriverente del triodove le voci si rincorrono in un labirinto di scratch e riff di basso funky. In High Plains Drifter i Beastie sguinzagliano voci quasi polifoniche fra i sample degli Eagles e dei Ramones, incastrate tra i suoni di scariche e scarrellate di pistola.

Con The sounds of science si cambia mood. Nella prima parte, le voci di Mike D, Mca e Ad-Rock sono cantilenate, trascinate, poi il cambio di stanze sonore e il cantato prende la rincorsa per non fermarsi che alla fine del brano, messo in pausa di tanto in tanto da collage di scratch e samples che ne fanno la più trascinante di tutto l’album. E poi c’è Egg Man con l’intro di basso che accompagna le prime note vocali e tende il filo rosso della melodia fino a dissolversi nel brano. Una canzone scanzonata che chiude con un pezzo di surrealtà – un campionamento tratto da un film.

Paul’s Boutique raccoglie brani con una forte identità e che, ascoltati senza soluzione di continuità, sono un vero e proprio trip che sfocia nell’outro di 12 minuti, B-boy Bouillabaisse, travolgente e ingordo in tutte le sue citazioni. Si tratta di un album importante non solo per le innovazioni che concede al rap – iniziate già con gli EP precedenti, quando i Beastie hanno sposato il genere rock e punk, forgiando una vera e propria attitude. Riconosciuti oggi come fautori del crossover, questo disco è al pari di un bignami della musica. Il loro merito è stato quello di farci avvertire gli spasmi di un’abbuffata bulimica e la liberazione che ne consegue quando finalmente riusciamo ad assimilarla.

Martina Lolli

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *