Compie 25 anni ‘Maxinquaye’, il trip-hop dal cuore nero di Tricky Boy

13:57:29  – 20/02/2020
Non dev’essere stato male crescere nella Bristol a cavallo tra gli ’80 e i ’90. Per qualche strana congiunzione astrale quella tranquilla città dell’east England era divenuta un’incredibile fucina di talenti. C’era una scena underground ben custodita (Third Eye Foundation, Flying Saucer Attack, Movietone) ma soprattutto una vasta comunità interessata alla cultura hip-hop nelle sue varie espressioni, dalla musica ai graffiti alla consapevolezza politica.
La massima espressione di quella scena primigenia è il collettivo Wild Bunch, che contribuisce alla creazione di quella miscela di dub, funk, hip-hop, elettronica che prenderà il nome di trip-hop. E’ lì che il giovane Adrian Thaws muove i primi passi musicali, è lì che riceve il soprannome che lo accompagnerà per tutta la vita, Tricky Kid. Ai tempi è un ragazzo tormentato, dai gravi problemi familiari, che entra ed esce di galera. Percepisce la musica come ancora di salvezza e ci si aggrappa con ferocia e determinazione.

Dopo aver contribuito in maniera determinante ai primi 2 capolavori dei Massive Attack, a metà anni 90 Tricky è pronto a camminare con le proprie gambe. Il 20 febbraio 1995 esce Maxinquaye ed è subito centro pieno, uno dei 3 dischi più belli del trip-hop, coi debutti di Massive Attack e Portishead. Il suono che ha contribuito a formare è declinato alla sua maniera, la sua versione è oscura, notturna, umbratile e lasciva come il suo creatore. Le canzoni esplorano i lati oscuri della sua personalità, dal suicidio della madre alle ossessioni sessuali, alla dipendenza da alcol e droghe. A far da contraltare alla voce cavernosa di Tricky c’è quella angelica di Martina Topley-Bird (al disco hanno contribuito anche artisti come Mark Stewart, Howie B e Alison Goldfrapp). 
Il disco ha una compattezza esemplare, va ascoltato dall’inizio alla fine, ma non si può non citare Overcome e Hell Is Round The Corner, lo yin e lo yang della poetica trickyana, la delicatezza di Pumpkin e la ruvidezza di Black SteelLa carriera di Tricky è ormai lunga e costellata da ottimi dischi, ma nessuno ha saputo eguagliare l’urgenza e la verità di un esordio così folgorante.
Gabriele Marramà 

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