‘Come on Die Young’, il crepuscolare abbraccio dei Mogwai

Come on Die Young è il secondo album dei Mogwai, pubblicato dalla Chemikal Underground il 29 marzo 1999 e prodotto da Dave Fridmann.

12:49:12  – 29/03/2023



La nebbia di Glasgow

Era la fine degli anni ’90, quando tra i locali del quartiere universitario della cittadina scozzese, Stuart Braithwaite, Dominic Aitchinson e Martin Bulloch decidono di dare vita ai Mogwai, un progetto musicale che diventerà presto una pietra miliare del post-rock e il cui nome richiama le piccole creature protagoniste dei Gremlins, pellicola cult della fine degli anni ’80.

Con una prima formazione di tre elementi (basso, chitarra e batteria), il gruppo recluta ben presto un secondo chitarrista, John Cummings e dopo essersi autoprodotto la raccolta di registrazioni Ten Rapid, viene contattato dalla label scozzese Chemikal Underground (già etichetta degli Arab Strap e dei Delgados). Con la pubblicazione dell’EP 4 Satin, il gruppo assolda un terzo chitarrista, Brendan O’Hare, debuttando con il disco Young Team.

Un manifesto istintivo e rassegnato

Con l’uscita di Young Team nel 1997 i Mogwai costruiscono le prime atmosfere che caratterizzeranno i paesaggi e le tinte di un genere, così come la sintesi di un decennio che aveva visto sbocciare mondi sonori fatti di inquietudine e malinconia attorno a dischi come “Loveless” dei My Bloody Valentine e “Spiderland” degli Slint.

Le vibrazioni entusiastiche del britpop erano già lontane quando nel 1999 esce Come on Die Young, il secondo album della band di Glasgow prodotto da Dave Friedman (Mercury Rev, Flaming Lips) che vede alla chitarra Barry Burns al posto di O’Hare. Oscuro e crepuscolare, i riverberi cupi qui aprono le porte al vuoto di senso, ad una precarietà emotiva che istintivamente si aggrappa a qualche certezza, per poi perderla subito dopo in un circolo di saliscendi in continua evoluzione, tra naturalezza e sperimentazione.

Lo spettro emotivo

Calmo, intimista, nostalgico, nervoso, minimale, a tratti agitato e turbolento. Come on Die Young accompagna l’ascoltatore in un caleidoscopio di emozioni che si adatta perfettamente alla ricchezza e complessità dell’animo umano. Un umore in costante divenire, a tratti schizofrenico, che diventerà un tratto distintivo del gruppo scozzese, influenzato sì dalle sonorità degli Slint e dei Sonic Youth, ma capace di ricreare uno stile personale che fa della naturalezza una sua caratteristica principale. La prima traccia dell’album, Punk Rock: si apre con la voce campionata di Iggy Pop in un’intervista del 1977, su una base strumentale di chitarra senza batteria.

La nota aperta del brano, che termina con la voce incalzante di Iggy che chiede a Peter Gzowski: Do you understand what Im saying, sir? si dissolve lasciando l’ascoltatore senza risposta e facendo posto a Cody, una ballata straziante, dove la voce bassa e sussurrata di Stuart Braithwaite tocca corde emotive inesplorate, con domande aperte a cui non si è capaci di dare risposta: “And the way it is, I could leave it all. And I ask myself, & Would you care at all.

Se la batteria e le chitarre di Year 2000 Non-Compliant Cardia regalano i pochi momenti sognanti del disco, le melodie quasi nascoste e rallentate di May Nothing But Happiness Come Through Your Door – con il climax che si intensifica pian piano – generano nell’ascoltatore inquietudine e turbamento.

Dal grigio al nero, i Mogwai passano in rassegna tutti i colori più scuri, enigmatici e spaventosi, per creare tracce che accompagnano scene di vita sincera: se Helps Both Ways viene intervallata dalle voci di una partita in sottofondo, il crescendo di Ex Cowbay accompagna in un viaggio solitario travagliato e fatto di dissolvenze e distorsioni affilate come coltelli.

Conclusione

Nonostante l’uscita di “Come on Die Young” venne accompagnata da pareri discordanti dalla critica musicale del tempo, a distanza di 24 anni è chiaro come la potenza e l’autenticità di questo secondo album segni un passaggio fondamentale nella lunghissima carriera della band.

Con tappeti sonori in continua evoluzione, capaci di dare vita a forme e sperimentazioni sempre diverse a distanza di tempo, con questo disco i Mogwai si prepararono a diventare uno dei gruppi di riferimento della scena post rock a livello mondiale, al pari dei canadesi Godspeed You! Black Emperor, imprigionando l’ascoltatore in atmosfere dalle tinte cupe e nichiliste e facendo da colonna sonora perfetta a chi cerca rifugio nella musica per sentirsi meno solo.

Greta Esposito


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