Genere: Rock
Etichetta: Columbia Records
Release: 14 giugno
Springsteen è uno sincero. Tanto sul palco quanto in studio, ed è una qualità forse scontata dopo che un artista ha acquisito la sicurezza economica e il favore popolare a 360°. Ma lui è così da sempre e, come a tutti, alcune ciambelle vengono fuori con il buco e altre senza. Western Stars appartiene senza dubbio alla prima categoria. Laddove al disco si può imputare un uso non sempre funzionale – semmai forzato – degli archi e delle tastiere, dall’altro lato c’è la più che soddisfacente compensazione di risultare conciso e profondo, soprattutto con la voce in primo piano e praticamente senza cori – forse l’unica canzone in cui si sentono davvero è Sundown.
Per buona parte, l’album suona come direttamente uscito dai primi anni ’90, chiaramente senza la componente lo-fi – ma chi glielo fa fare di lavorare in povertà di mezzi a questa età? – e con la presenza rassicurante di tanta chitarra acustica. Somewhere North of Nashville e Stones, poste quasi in chiusura del disco, soprendono e colpiscono al cuore.
Ed è ovvio che avere un singolo apripista, come l’omonimo in questione, conferisce ancora più autorevolezza al risultato. La canzone Western Stars è perfetta, non si può dire altro. Senza dubbio, buona parte della riuscita del disco dipende dalla continuità nella riuscita, e mai nessun calo significativo si registra nella qualità media.
Inutile star qui a mettere in fila dal migliore al peggiore i dischi del Boss. Sono tanti, troppi e ognuno peculiare al periodo storico in cui sono stati scritti. Possiamo invece dire che Western Stars è, probabilmente, il miglior prodotto pop-rock non alternativo visto nei negozi nel 2019.
Carmine Speranza