Ágætis Byrjun, il disco che consacrò i Sigur Ros agli occhi del mondo

Ágætis Byrjun è il secondo disco dei Sigur Ros, pubblicato nel 1999 in Islanda e un anno dopo nel resto del mondo dalla Fat Cat.

10:45:28  – 12/06/2021


Ágætis Byrjun dei Sigur Ros, dal profondo Nord

La musica dei Sigur Ros è legata a doppio filo all’Islanda, quasi come fosse la colonna sonora di questo paese unico e lontano, meta ambita da animi malinconici e temerari. Mesi di lunghi crepuscoli avari di luce e altri di una luce generosa che nei momenti di massimo slancio regala un tiepido e timido ristoro.

Da quelle coordinate non poteva che nascere una miscela originale, probabilmente unica. Ágætis Byrjun è il loro secondo album ma ne rappresenta idealmente la pietra miliare, non solo perché fu il primo disco ad avere una diffusione oltre il confine islandese ma soprattutto per la capacità di dettare la linea di una cifra stilistica che nella sostanza non ha mai rinnegato se stessa; dream-post-rock orchestrale per gli amanti delle etichette e delle classificazioni. Siamo al cospetto di una materia delicata e allo stesso potente, capace di mettere assieme più anime in un corpo coerente; emozioni fredde ed esplosioni calde, notti spettrali e profonde e fuochi d’artificio.

Cieli Verdi

L’aurora boreale, uno degli spettacoli più belli in natura capace di dipingere il cielo con ali verdi ed eleganti. La musica dei Sigur Ros è
capace di portarla nelle case attraverso brani come Staralfur, diventato poi uno dei manifesti della band di Jonsi e soci, che proprio con questo disco si assestò con la formazione che ne ha costruito le fortune. Un saliscendi di momenti orchestrali, potenti aperture post rock e intimo pop notturno fatto di delicate armonie vocali. Sembra di sentire il vento freddo del nord sfiorare la pelle, accarezzare l’anima fino al caldo abbraccio di un fuoco acceso nella notte più lunga. Malinconia e allo stesso tempo conforto, abbandono e salvezza in un gioco infinito di ambivalenze ed emozioni contrastanti.

Linguaggi apparentemente impossibili

A leggerlo l’islandese sembrerebbe una lingua impossibile da mettere in musica, eppure le armonie vocali di Jonsi sono ammantate di leggiadria e una musicalità imponente che ti entra sotto pelle e ti esplode dentro in mille frammenti. Alcuni brani, tra cui la title-track, sono cantati in “Vonlenska”, tradotto poi in inglese come “hopelandic”, un linguaggio inventato, costituito da una successione di sillabe che non hanno un significato preciso.

Difficile coglierne le differenze e le sfumature, perché tutto è parte di un flusso che ha il sapore del profondo nord e ci racconta di terre gelide e allo stesso tempo accoglienti. Ágætis Byrjun è uno sguardo rivolto al futuro, oltre i confini della musica conosciuta, lambisce territori già noti con una formula nuova che ancora oggi non perde pezzi e resta solida come un monolite dal sapore dell’eternità.

Enrico Amendola

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