Affondare per (ri)nascere, a 20 anni da ‘Figure 8’ di Elliott Smith

 

14:40:26  – 18/04/2020

Ricrearsi, inventarsi, vivere. 

Il 18 aprile del 2000 Elliott Smith consegna alla storia il suo ultimo e sofferto album. Si fa fatica a capire la critica e i giudizi negativi piombati da una certa soporifera stampa su questo disco. Smith ha raccontato, come pochi, il dolore con poesia e lo ha fatto in un modo gentile, trasparente e umano somministrando bellezza per chi ascolta. Figure 8 è stato registrato dal 1998 al 2000. Dopo una lunga gestazione costernata da troppi cambi di studi, viene pubblicato definitivamente dalla DreamWorks Records il 18 aprile del 2000.

Per la prima volta, l’artista (allora 31enne) si trova a lavorare in studi importanti. A differenza degli album passati, il suono viene ripulito da spigoli e graffi e viene ovattato da pareti sonore più delicate e soffici. Elliott Smith è morto nel 2003, ma il suo fantasma è ancora vivo. In un’epoca di consumi musicali divorati alla velocità di un panino al Mc Donald’s, la musica di Smith è ancora oggi parte di una cultura musicale senza tempo.

Smith è stato molto più di un musicista. L’uomo Smith ha dovuto ricrearsi e inventarsi in una società in cui tutto è ancora da interpretare, in cui non esiste una morale generale e/o convenzionale.

Rimane lo sguardo lucido di Smith. Abile e silenzioso osservatore di ciò che ci sta attorno. Le sua visioni vengono appuntante lucidamente in questo album, un racconto onesto e sincero fatto di libertà nel poter giudicare razionalmente e indipendentemente il mondo in cui viviamo.

Forme indefinite e colori irreali

Da questo punto di vista, nessun musicista della recente storia contemporanea ha avuto queste capacità e ha saputo tradurre in musica un così forte disagio sociale. La sensibilità di Smith ha sempre avuto un rapporto conflittuale con la realtà. Nella musica, ma anche in tutte le arti, determinati processi possono portare a ricreare nuovi quadri strettamente connessi alle informazioni sensoriali, e quest’ultimo album è un lungo flusso di informazioni e ricordi. Contorni dissolti, forme indefinite, colori irreali e contrastanti, sono il mezzo attraverso il quale Smith perviene ad una personalissima interpretazione dell’angoscia esistenziale dell’uomo e, rendendola visibile, la diffonde nell’animo di chi la contempla (come nella meravigliosa canzone Figure 8). 

Gli accostamenti cromatici e la deformazione dei soggetti rappresentati, ottenuta attraverso lunghe pennellate sonore (mai come in questo disco piene di riferimenti a Beatles e Nick Drake), assumono in questo disco un preciso scopo funzionale. L’opera deve agire nell’animo di chi la osserva perché è espressione diretta dell’animo di colui che l’ha creata. Tratti di chitarre ondulate, associate a linee sonore diagonali, creano un senso di dinamicità che provoca una piacevole tensione come nelle “chirurgiche” Happiness/The Gondola Man o Cant’Make A Sound. 

Funzionalità epidermica 

Figure 8 è una porta d’accesso composta da stanze oscure lo-fi di Roman Candle e da delicatezze sonore da studio di XO. Sebbene Smith abbia fatto del sussurro un marchio di fabbrica, le chitarre, in questo album, sono così cristalline da rassomigliare alla pioggia in un campo appena arato. Il passaggio da un lo-fi a tratti “sgangherato” di chitarra e voce, si trasforma in una marcia sonora dai contorni d’insieme così potente, come in Stupidity Tries, da diventare una maestosa elucubrazione a tratti surreale e distopica. Wouldn’t Mama Be Proud è il fulcro dell’album e forse di tutta l’ultima fase della carriera di Smith. 

Affondare per (ri) nascere

L’album offre spunti sul presente e pone interrogativi sul futuro, oltre alla capacità, non scontata, di funzionare anche a livello puramente epidermico per lo stesso artista. 

Figure 8 non ha il suo punto di forza in una narrazione sonora “lineare”, ma l’ipnotica miscela di musica, immagini poetiche e voci sovrapposte create da Smith, riescono ancora oggi a catapultarci nel clima logoro e privo di umanità  in cui si nasconde, però, un barlume di vitalità e speranza. Figure 8, a distanza di 20 anni, è uno dei pochi dischi capace di lasciarti in apnea in un mare calmo e silenzioso. In Kant, la verità è un’isola circondata da oceani rabbiosi, dove risiede l’illusione. Per Archimede affondare è un effetto che coinvolge una serie di combinazioni come massa, densità e peso. Per Elliott Smith, affondare, è rinascere. 

G.A

 

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