25/04/2024
'Low' è l'undicesimo album di David Bowie. ---

Il David Bowie del 1977 è un artista differente rispetto a quello del precedente Station To Station e a quello di Diamond Dogs due anni prima. L’uomo che arriva a dipingere Low è un artista totale. L’album viene registrato al Château d’Hérouville, nel nord della Francia – l’associazione “Trilogia Berlinese” poco o nulla riguarda la geografia, tanto interessa il concetto artistico – e nasce da un concetto generale di arte in movimento, degnamente messo in moto da illustri e tecnicamente superbi collaboratori (Brian Eno come musicista e Tony Visconti come produttore su tutti). Bowie fugge dalla frenesia degli Stati Uniti per sposare la malinconia di Berlino. In un treno transiberiano attraversa la Polonia concentrandosi sulla tecniche  sperimentali. Fatta questa breve e dovuta premessa, resta da capire quale sia il punto focale che ci porta, a distanza di 43 anni, a catalogare Low come “disco seminale” nella storia della musica.

Low è un album brillante perché, attraverso la sua sola produzione, può trasportare l’ascoltatore verso certe frontiere del luogo e del pensiero in un modo molto potente. L’esperta musicalità e la composizione dei suoi brani hanno permesso ai musicisti di eludere le loro abitudini e quindi formare un nuovo linguaggio musicale, come presumibilmente era l’intenzione di Bowie. Low è un album importante perchè è capace di smontare le lancette temporali creando un tempo e uno spazio a parte. La maggior parte delle tracce si dissolvono dentro e fuori una logica temporale ordinaria e gran parte del materiale incluso nel disco nasce inizialmente da un progetto che lo stesso Bowie aveva sviluppato per una colonna sonora nel 1975 (rifiutata frettolosamente dal regista del film). Il primo lato contiene un sottile equilibrio tra la sperimentalità dell’art-rock e la tradizione più antica del rock’n’roll.

I testi di Low affrontano problemi difficili (droga, nichilismo, violenza, fobie) e la sensazione è che l’artista, attraverso questo lavoro, stesse tentando di liberarsi dai tanti mostri che vivevano nella sua anima. Il titolo stesso è un chiaro riferimento agli stati d’animo “bassi” dell’artista durante la scrittura e la registrazione dell’album. Bowie si era trasferito a Berlino quando decise di liberarsi dalle droghe, portandolo a stretto contatto geografico con la popolazione est europea sofferente da politiche discutibili. Bowie è stato, anche per un sottile aspetto antropologico, il vero pioniere del rockA metà degli anni settanta ha cercato di trovare il suo posto con stili diversi e con Low ha riportato all’avanguardia il rock, esplorando la nuova frontiera dei sintetizzatori analogici e degli effetti elettronici. Il risultato è uno degli album più acclamati della lunga carriera di Bowie.

Sebbene si trattasse dell’undicesimo album in studio di Bowie, nessuno dei dieci precedenti aveva incluso una così dose importante di strumenti. Già nell’opener affidata a Speed ​​of Life si può ben capire l’andamento di questo lavoro. Le prime e vibranti atmosfere sonore fanno capire all’ascoltatore che questo non è un normale album rock n ‘roll e il suo utilizzo intenso di sintetizzatori, sia come effetti che come strumenti, farà da subito intendere che in Low è in atto una nuova pagina della musica. Il primo lato di questo lavoro è un’immersione di esperimenti sonori e digital blipping, tra canzoni che divennero vere e proprie icone, come Sound and Vision e la sintetica What in the World.

Per quanto strano, sperimentale e a primo ascolto ostico sia il primo lato, nulla è a confronto di un secondo lato composto da quattro brani di rara complessità. Se esiste un album musicale, concettualmente e filosoficamente, più vicino alla tragedia Greca, questo è LowIn questo quartetto di pezzi drammatici che compongono il secondo lato, prologo e parodo si fondono come nella tragedia. L’intrecciarsi di testi e musica è un fatto intrinseco, in una complessa partitura dove si annodano catartiche consolazioni e inconfessabili pulsioni. La seconda parte di questo capolavoro non è riempitivo ma è reale sintesi del pathos drammatico messo in scena da Bowie. Warszawa, cupa e decadente come la città polacca, ne è il giusto esempio. Il brano, nato dalla collaborazione tra Bowie e Brian Eno, contiene lunghe progressioni di accordi simili a trance e motivi vocali di testi senza senso, rivelando il suo intento originale di far parte di una colonna sonora. 

Low rimane il miglior album “sperimentale” della storia del rock. La sua modernità ha aperto le porte a molti artisti, soprattutto perché nasce come opera di uno degli artisti più famosi del mondo in quel momento. Ha sfidato l’idea di cosa potrebbe essere un album, in termini strutturali e nei suoi ingredienti. Un meraviglioso dono a tanta musica che verrà, e di cui Radiohead e LCD Soundsystem (in questa generazione) si serviranno e ne faranno buon uso. L’arte può essere intesa quale avanguardia rivoluzionaria o, almeno, promotrice di linguaggi adatti ai cambiamenti, e questo album ne è la conferma.

G.A

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *