A 23 anni da ‘Dig me Out’, il rock dritto al sodo delle Sleater-Kinney

13:10:55  – 08/04/2020

C’è ancora qualcuno in giro convinto che il rock sia affare prettamente maschile, roba di muscoli e testosterone e peli in eccesso? Se c’è, probabilmente non ha mai ascoltato le Sleater-Kinney, la più potente e compatta all girl band in circolazione.

Teenage Riot

Le SK sono figlie di tempi propensi all’autoaffermazione femminile. Nei primi anni 90, nel nord-ovest americano, nasce il movimento delle riot grrrls, che declina in rosa le istanze del punk e del Do It Yourself, affermando il pieno diritto delle ragazze all’autodeterminazione sul corpo e sulla sessualità, lottando con forza contro sessismo, omofobia, razzismo e ogni forma di abuso. Carrie Brownstein e Corin Tucker, l’asse portante delle SK, vengono da lì, entrambe militano in una band, rispettivamente Excuse 17 e Heaven To Betsy, e si trovano spesso a condividere i palchi. Da lì la decisione di unirsi in un nuovo gruppo, che prende il nome da una via di Olympia, in un legame che per un paio di anni sarà anche sentimentale.

Uscire allo scoperto

Il percorso artistico delle SK racconta di una lunga e costante progressione. Dopo l’esordio omonimo e il successivo Call The Doctor, l’8 aprile 1997 esce Dig Me Out, che di quella progressione rappresenta uno snodo importante. Il primo ad uscire su Kill Rock Stars, il primo (di 3) prodotto da John Goodmanson, il primo in cui l’alternanza tra le due voci, quella enfatica di Corin e quella delicata di Carrie, si fa molto frequente. Soprattutto il primo con Janet Weiss (proveniente dai Quasi) alla batteria, che aggiunge solidità e potenza al suono nervoso e aggressivo della band.

Il disco spinge sull’acceleratore in gran parte dei pezzi, con trame chitarristiche degne dei migliori Sonic Youth (Dig Me Out, The Drama You’ve Been Craving, Words and Guitars), a volte lascia più spazio alla melodia (Little Babies, Dance Song ’97) o a brani più riflessivi e melanconici, come One More Hour, in cui Corin racconta la fine della sua relazione con Carrie, e Buy Her Candy. L’insieme suona comunque coeso e convincente.

Epilogo

Il prosieguo della storia racconta di altri dischi memorabili (4, dal 1999 al 2005), di 10 anni di separazione in cui, oltre a suonare in altre bands (Wild Flag, Colin Tucker Band), Carrie ha potuto sviluppare una carriera di attrice e scrittrice di successo e Corin partorire due figli. Per poi tornare insieme nel 2015, in splendida forma, come l’ultimo The Center Won’t Hold, prodotto da St. Vincent, sta a dimostrare. Anche se l’abbandono recentissimo di Janet Weiss rappresenta un brutto colpo, aspettiamoci ancora grandi cose da loro.

 

Gabriele Marramà

 

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